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MAURIZIO MAGGIANI

– IL SECOLO XIX – 11/03/2002

Ritorno all'amore

E' l'ultimo fronte, il più avanzato, il più ardito, forse quello decisivo. Stalingrado, le Ardenne, il Piave. Chi avrà vinto questa battaglia avrà vinto la guerra. Il fronte è troppo avanzato, ritirarsi in buon ordine sarà impossibile. Molto più avanti dell'articolo 18, più avanti ancora del conflitto di interessi, delle rogatorie internazionali, di ogni altra cosa. Mai, che io sappia, la moderna pratica della politica si era lanciata così avanti. La battaglia dell'amore. Naturalmente a stabilire il fronte è stato l'onorevole Berlusconi. Come sempre. Il pomeriggio della manifestazione dell'Ulivo in San Giovanni, al cospetto di un'altra rappresentanza degli industriali del Paese, così si è espresso: “la sinistra pratica una politica dell'odio, noi dell'amore. E gli italiani alla lunga sanno scegliere tra odio e amore”.

Lo ha fatto con grande solennità, in modo che le sue parole fossero chiave e ben comprese. Ripetendole, immagino, per la necessità di imprimerle bene in testa alla categoria imprenditoriale che, tra molti meriti che possiamo attribuirle, non comprende forse quello dell'arditezza di pensiero. Ripetendole, immagino ancora, per assaporare egli stesso tutta l'estensione dei toni e dei significati. Love, love, love. Ti amo fratello. All you need is love.

Nella carriera di uomo d'affari e di politico del presidente del Consiglio, l'aspetto più spettacolare non è l'invenzione, ma l'inventiva: una straordinaria capacità di utilizzare le invenzioni altrui, tutto ciò che è già lì, ad esposizione di un'intelligenza attenta e curiosa. Nella sua indefessa lotta contro la sinistra, il comunismo e il giacobinismo, una delle sue più grandi vittorie è stata la spoliazione della sinistra delle sue parole “magiche”, le grandi evocatrici. Lo ha potuto fare con grande facilità perché la sinistra di quelle parole non sapeva più cosa farsene, intenta com'era a mandare a memoria quelle della destra. Così, mentre la sinistra parlava di bilancia, pareggio, moderazione, tagli e guerra, il futuro presidente invocava la rivoluzione, la libertà, il cambiamento, la pace, il nuovo.

Sono sinceramente convinto che molti italiani, ne siano stati coscienti o no, siano stati influenzati in modo decisivo dalle parole “magiche” che il Cavaliere ha saputo usare con ammirevole disinvoltura. La politica è linguaggio, soprattutto linguaggio. Tale e quale la vita. Si possono vivere vent'anni sotto un dominio ingiusto, disponibili a negare l'evidenza delle cose soggiogati dalla potenza delle parole del capo. Come vent'anni si possono vivere con un uomo, o una donna, disposti a negare l'evidenza dei loro tradimenti in virtù delle parole d'amore che ci riservano. Amore, appunto. Uno straordinario spostamento in avanti del fronte politico. E il presidente ci è tornato su all'amore, un giorno via l'altro. Per comprovare la sua amicizia con “quel signore” come il cancelliere tedesco chiama “l'onorevole Bossi”, si è espresso con le seguenti parole: “Per cenare e discutere con lui ho rinunciato ai miei lunedì d'amore”.

Sappiamo, per bocca sua, del presidente la cosa più intima: prima che le fatiche del governo glielo impedissero, ogni lunedì era solito godere degli onesti piaceri coniugali. Sappiamo dell'altro ancora. Sappiamo che il presidente ha convinto della strategia amorevole “quel signore”. Se aveste avuto la pazienza, e lo stomaco, di seguire il congresso della Lega, io li ho avuti, avreste ascoltato “quel signore” e i suoi più fidi collaboratori usare spesso la parole amore, prima e dopo le più orribili e invereconde espressioni di “colore”.

Ma perché l'amore? Perché valicare le pulsioni pubbliche per irrompere nelle pulsioni interiori? Una risposta ce l'ha data Benigni l'altra sera. Benigni è l'unico politico orientato a sinistra che di linguaggio e comunicazione ci capisca. Di che cosa ha parlato Benigni, con quali argomenti ha risposto alle aggressioni annunciate? Con cosa ci ha più sorpreso, disorientandoci, portandoci altrove, all'altro capo del mondo della volgarità, della stupidità? Beh, ci ha parlato di amore. E' così straordinariamente convincente l'amore come oggetto di parola che si è verificato il miracolo di diciotto milioni di italiani che ascoltano rapiti una cantica del Paradiso dantesco.

Spero che vi rendiate conto dell'enormità della cosa. La Divina Commedia! Uno dei suoi passi più difficili, pura teologia, in una lingua incomprensibile alla stragrande maggioranza degli odierni parlanti in italiano! Se, e credo che sia così, Benigni voleva fare una straordinaria chermesse anti berlusconiana, ha avuto il suo colpo di genio: Il Paradiso dantesco contro i lunedì dell'amore. Non c'è battaglia. Le piazze d'Italia si riempiono con una cadenza straordinariamente regolare e fitta di uomini e donne che stanno riprendendosi molte cose che la sinistra ha lasciato per strada. Le parole, ad esempio. Ma soprattutto la responsabilità, l'individualità dell'impegno, la generosità personale e, sì, l'amorevolezza. Amorevolezza per la vita civile, per la vita degli uomini, per la vita dell'universo intero. Ciò che dicono e pensano è meglio e di più del piuttosto rozzo “fate l'amore non fate la guerra” con cui il sottoscritto ha esordito, sedicenne, nell'impegno politico. Ma non è troppo diverso. Viviamo un'epoca della storia tra le più cruente, crudeli e infamanti della dignità umana. Chi fra i cittadini, i giovani cittadini, ha davvero disponibilità all'azione politica e sociale, sente che deve mettere in gioco la propria sensibilità personale. Amorevolezza, solidarietà, sensibilità, contro cinismo, insensibilità, ipocrisia. Orrori dello spirito da cui la sinistra non è affatto risparmiata e che, in definitiva, sono gli errori, i peccati, che risultano imperdonabili.

Maurizio Maggiani – IL SECOLO XIX – 11/03/2002

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