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MAURIZIO MAGGIANI

IL SECOLO XIX – 05/04/2002

Todos caballeros fratello Fabrizio

Si dice “gli anarchici di Carrara” allo stesso modo che si dice spigolatrici di Sapri, ricamatrici di Burano, mozzarelle di Battipaglia. Ciò che resta in questo paese dell'Anarchia sembrerebbe a denominazione di origine controllata. Quando vado in giro ad esporre le mie opinioni, che spesso sono bislacche e tangenti, noto ammiccamenti di comprensione, addirittura di affetto, anche al cospetto delle idee più “forti”. “Eh, si sa, voi siete tutti anarchici di Carrara”.

E dunque Carrara e i suoi anarchici godono di fatto di uno statuto speciale, di una speciale libertà di espressione in più del comune cittadino, come se fosse maturata nel tempo una particolare sensibilità protettiva. Così come è avvenuto per il panda e l'indiano d'America in altri paesi, così come avviene nella nostra terra per il vino di Candia. Non so se questo possa far piacere agli anarchici carrarini; temo di no, se ricordo bene quelli che ho conosciuto.

A dire il vero non so neppure se ce ne sia ancora di anarchici a Carrara, tanti almeno da giustificare il mantenimento della denominazione. Ma forse questo importa relativamente: quello che conta è che si continui ad immaginare che ci siano. Il problema è il ricambio, l'acuta denatalità degli anarchici: spariti i vecchi non ne vengono su di nuovi; e i pochi nuovi che si definiscono anarchici non sempre hanno capito bene di cosa si tratta. L'Anarchia è una cosa difficile, molto difficile. E ingrata. Non c'è alcuna certezza nell'Anarchia, non c'è obiettivo abbastanza gratificante, almeno a tempi brevi. Non ci sono premi, non potere né proficui scambi in palio della militanza anarchica: non c'è testo di dottrina a cui attenersi fidenti, né maestri a cui demandare pensiero e responsabilità. L'unica certezza frustrante per le costituzioni deboli, è che così come l'umanità si è costituita, è inadatta alla realizzazione dell'ideale anarchico. Che occorre lavorare all'Umanità Nova. Lavoro di epoche, assai poco adatto alla percezione della storia per un giovane contemporaneo.

Su un muro della via principale della mia città ho trovato questo graffito sovrastato dall'A di Anarchia: A MORTE I BANCARI. E poco più in là: POLFER STUPRATORI. Ecco, questo ragazzo, immagino che si tratti di un ragazzo, non ha capito bene. A parte il fatto che l'animatore di una sezione della federazione Anarchica che ho frequentato ai bei tempi era per l'appunto un bancario, un anarchico, ancorché molto arrabbiato non ha mai sbagliato mira. Questo, tra l'altro, lo identifica: che sa distinguere i bancari dai banchieri, anche nel mezzo del fuoco e delle fiamme di una rivoluzione. E poi gli anarchici sono giustamente famosi per non fare errori di ortografia. Un buon anarchico va orgoglioso del suo perenne sforzo per capire le cose e per farle bene, si tratti di scrivere come di coltivare una cava di marmo.

Nella mia famiglia di braccianti anarchici c'erano più libri che in quella dei padroni della terra che coltivavano. Quattro libri per l'esattezza che coltivavano. Quattro libri per l'esattezza, tutti comprati a dispense e rilegati con cura da mio nonno, detto Garibaldi, uomo di indiscussa fede e di energica azione. Erano la Divina Commedia, L'Orlando Furioso, una storia popolare d'Italia e uno del mondo intero. Nessuna opera di Bakunin o di Cafiero o Malatesta. Quelle le leggeva assieme ai suoi compagni quando si incontravano; a suo nipote leggeva Dante e Ariosto, perché lì dentro c'era una rivoluzione assai più importante da capire, crescendo, di quella contenuta in un opuscolo politico. Che poi ho anch'io letto, cercando di fare quello che mi era stato insegnato: riflettere, capire, decidere.

Questo si fa, sopra ogni altra cosa, in una cava di marmo, dove le parole chiave dell'Anarchia – Solidarietà e Responsabilità – non sono astratte parole d'ordine, ma l'unico modo per lavorare riuscendo a salvare la pelle, dove il massimo che può dare il cuore e il cervello di ciascuno uomo è determinante per la vita di tutti. E' un'ottima ragione perché ci siano stati tanti anarchici a Carrara. A parte il fatto, puramente genetico, che siamo ciò che resta del popolo Apuo, quelle bestie mezzi uomini e mezzi lupi (parola del Senato di Roma) che hanno resistito secoli alla civiltà dell'Impero senza nessuna buona ragione, per puro e semplice disprezzo della servitù, anche quando è dolce, anche quando può dare immensi vantaggi. Irriducibili, perché è irriducibile la libertà, il lusso aristocratico della libertà. Todos caballeros.

Così sono gli Anarchici, così è come pensano che debbano essere tutti gli uomini. Uguaglianza nella regalità. Per questa ragione, se i liberali possono indicare come il loro più grande uomo d'azione il signor Ford, i comunisti il compagno Lenin, il più grande uomo anarchico della storia occidentale è stato Don Chijote de La Mancia. E non scherzo, non scherzo per niente. Così come di De Andrè, più grande ancora delle sue mille canzoni, è grande l'Anarchia della sua irriducibile regalità libertaria. Todos caballeros fratello Fabrizio.

Maurizio Maggiani – IL SECOLO XIX – 05/04/2002

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