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MAURIZIO MAGGIANI

IL SECOLO XIX 08/09/2001

La nuova opposizione



Forum Sociale Mondiale e la sua forma di oggi, qui: il Genoa Social Forum. Il movimento dei movimenti. Se ascolti i parlamentari della Repubblica, i capi delle polizie, i ministri, i media che si stanno occupando di “sapere” e spiegare cosa è successo a Genova durante il G8 ti risulta, a seconda delle voci, una “roba” complicata, inspiegabile, marginale, ridicola, strumentale, ingenua, eversiva. Certamente una roba che sarebbe stato meglio per tutti che non ci fosse mai stata, e intelligente impedire che nascesse. Nata per nuocere all'ordinato svolgimento della vita pubblica e politica, al naturale e consolidato dibattito tra maggioranza e opposizione. Una roba che è lì per fare casino.

E infatti, guarda come hanno ridotto, favorito o perlomeno non impedito, che così si riducesse Genova, l'immagine dell'Italia nel mondo, e in questo modo depresso le aspettative dei poveretti che hanno la sfortuna di nascere giù in Africa e avrebbero la fortuna di otto teste coronate che pensano solo a loro.

In verità credo che nessuno tra quanti dovrebbero sapere, per loro compito e loro interesse, ne sappia davvero qualcosa. Ciò che più mi ha stupito è la mancanza di curiosità dei parlamentari che ieri l'altro hanno avuto modo di interrogare a loro piacimento un bel mazzetto di rappresentanti della “roba”.

Avrebbero potuto chiedere loro conto delle idee, dei modi con cui intendono applicarle, del loro sistema di organizzarsi. Farsi spiegare per filo e per segno cosa significa la loro pratica di non violenza e quella di disobbedienza civile. Che cosa vogliono e come sperano di averlo. Avrebbero per tutto questo tempo potuto farlo giornali e televisioni. E i partiti, i produttori di politica.

Ognuno di loro si è comportato come se sapesse già tutto, come se non fosse interessante saperne di più. Con non sostanziali differenze – se non circa i fatti, almeno sugli attori dei fatti – tra destra e sinistra. Se il senatore carabiniere Ascierto avrebbe persino fatto meno di audirli “quelli lì”, ricordo pure con quanta sufficienza un prestigioso politico e ministro ds ha chiesto, un paio di giorni prima del G8: “Ma chi sono questi qui?”. Non intendendo – attenzione – una panoramica di quelli che sarebbero stati i due o trecentomila del “21 luglio”, ma il signor Casarini e il signor Agnoletto.

In realtà, secondo gli attuali modi della politica Agnoletto e Casarini bastano e avanzano a capire il movimento dei movimenti. Bastano ai media, perché non dovrebbero bastare alla politica? I media adorano i due: così diversi eppure così contigui – con quella fascinosa tuta perversamente candida l'uno, con quel volto perfidamente innocente l'altro – soddisfano appieno le esigenze estetiche dell'informazione. E i due ricambiano l'amore e lo colmano con generosa partecipazione.

Ma pensare che fatti i conti con loro, sentiti loro, trattato con loro, eliminati loro, si siano fatti conti con il movimento dei movimenti è un abbaglio. Così come una pia illusione è pensare di averlo “sistemato” quel movimento manganellandolo di santa ragione, o appiccicandolo sopra verità mediatiche o schiacciandolo contro teoremi ideologici.

I duecentomila di Genova, come i loro colleghi di Seattle, Nizza, Washington, e tutti quelli che verranno domani e tra un anno, sono ineliminabili e dureranno finché la storia dell'Occidente democratico avrà bisogno di loro. Perché sono l'opposizione, e un sistema senza opposizione è un sistema che non esiste o esiste per un attimo prima di implodere.

Sono l'opposizione così come è stato possibile che si formasse l'opposizione in un sistema che aveva deciso – chissà grazie a quale pensata – di essere perfetto e bastante all'universo intero. Sono l'unica forma si azione e pensiero politici che possa nella modernità prosperare. Perché non hanno per bagaglio una dottrina fissa, immobile, ma un pensiero fluido, in continua evoluzione. Non hanno strutture rigide, ma flessibili che si creano e si dileguano in base al fare. Non hanno gerarchie e cui ridursi, né leader da invocare. Non hanno tessere e neppure simboli a cui uniformarsi in eterno. Sanno unirsi e sciogliersi, sanno discutere e obiettare. Della globalizzazione sono soggetti e sperimentatori.

Cosa vogliono? Leggi il loro statuto e scopri che vogliono molto di più di quello che voleva il Sessantotto: la globalizzazione della democrazia, l'affermazione universale della giustizia sociale, la dignità umana per ciascun umano, la dignità divina per il creato intero. Un'utopia, un ideale, un anelito smisurati. Ma utopia, anelito, ideale.

Quante generazioni pensate che possano vivere senza qualcosa di moralmente eccellente su cui misurare la propria anima, il proprio cuore, il proprio intelletto? Quante generazioni pensate di poter tenere buone sedandole con gli sceneggiati televisivi e l'opulenza degli accessori? O pensate seriamente che possa bastare a un giovane cittadino l'utopia del risanamento della finanza pubblica, e la quasi certezza di un lavoro in una dot-com come ragione di vita reale?

Personalmente, se guardo con disincanto alle loro idee, misuro il degrado della mia anima, non la velleità della loro. Hanno dei problemi? Certo che li hanno, sono un movimento che è nato complicato. Hanno bisogno di molto più pensiero di quello che applicano ai loro principi, tanto per cominciare. Hanno bisogno di essere prudenti come serpenti, per dirla con Cristo, oltreché candidi come colombe. Possono dire, e dimostrare, di non covare nel proprio cuore pacifista i semi della violenza e della devastazione, ma non possono sentirsi responsabili, grazie alle loro mani nude, di ciò che si genera attorno a loro.

Hanno problemi e generano problemi, ma questi ultimi devono riguardare non solo loro, ma tutta la comunità. Non hanno la verità, ma una verità, e comunque la loro non può essere meno ascoltata di quella, di quelle, di alti funzionari dello stato che si rinfacciano tra loro responsabilità, menzogne, fallimenti.

E, soprattutto, non si può contrapporre al loro pensiero debole la forza della verità del mercato mondiale. Anche perché quella forza, e quella verità, è una promessa di giustizia, pace e prosperità universali che si rinnova da un po' di tempo ormai, tanto da sembrare, per chi si intende di poker, un rilancio così insistito da sospettarci sotto il bluff. E' sciocco pensare che, dileguato il cocente affare di Genova, del Forum Sociale Mondiale, e di ciò che deciderà di essere volta a volta, si potrà anche fare a meno di riflettere, occuparsi, preoccuparsi. Nel senso civile del termine.

Maurizio Maggiani – Il SECOLO XIX – 08/09/2001

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