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Dimenticare Praga |
L'Everest si sta liquefacendo, la Cina sta soffocando sotto una nube di veleno spessa tre chilometri, Praga sta annegando. Puoi dire che dei cinesi non te ne frega niente, che l'Everest non sai nemmeno dov'è, ma a Praga ci pensi. Prega sai cos'è, dov'è, com'è. Ci sei stato in gita scolastica, ci hai passato un ultimo dell'anno, se non sei stato attento magari ti ci sei preso pure una cotta. Se appena appena hai un briciolo di interesse politico a destra, al centro, a sinistra, non puoi aver dimenticato questi nomi: Dubcek, Palach, e quella primavera, la Primavera di Praga. Senza contare che con le buone o con le cattive ti hanno fatto leggere Kafka, e se leggere ti è venuto a piacere, almeno un libro di Hrabal te lo sei divorato. Così quando sei tornato a Praga perché prima o poi capita a tutti quelli che ci sono stati di dire: perché quest'anno non torniamo a Praga? - sei voluto andare a berti una birra a U Zlepeno Tigra, a Kampa in mezzo alla Moldava.
E forse l'hai pure visto Hrabal bere solitario e remoto sotto il tiglio del giardinetto le dodici sue solite; e se poi di birre te ne sei fatte almeno tre, ti ricorderai tutta la vita di aver osato pisciare nella sacra Moldava, quella che oggi si è appena presa, con tutto il resto, anche l'isola di Kampa.
No, Prega non è né la Cina, né l'Everest, non è Dresda e neppure il Bangla Desh: Praga esiste davvero. E a guardarla oggi in televisione, a guardarla dai ponti che ancora reggono tre la sua gente che ancora resta, non c'è cuore d'Occidente abbastanza duro da non provare una fitta di dolore per Praga che se ne va con la corrente melmosa e bigia della più grande inondazione che la memoria Ceka ricordi. E sai lo sai perché ormai ti hanno fatto una testa così che Praga si sta sacrificando per questa maledetta storia del clima riscaldato, per l'effetto serra e tutta 'sta benzina che si consuma, maledette anche le macchine e chi le ha inventate.
Certo, ti viene addirittura da pensare, sarebbe terribilmente doloroso ma anche bellissimo se il sacrificio di Praga così' bella quella città, così intensa e romantica e sfortunata servisse a qualcosa, se almeno al cospetto di questo sfacelo, per amore se non altro di quello che di bello e di buono abbiamo fatto con le nostre mani, fossimo presi dallo scrupolo decisivo. Ecco, potrebbe essere il momento buono per cambiare rotta. Ma il fatto è, fratello mio, che la piena di Praga, tale e quale l'Everest e tutto il resto, non serve a un bel niente. Niente di niente fratellino. E tu lo sai, eccome se lo sai. La cosa è chiara, te lo hanno spiegato in mille modi: o cambi vita o nisba; questa è la piega che hanno preso le cose. E peggio che mai, la tua vita non cambierà le cose per te, e forse neppure per tuo figlio, sempre che hai avuto il fegato di metterlo al mondo, per per il figlio di tuo figlio, se lo farà, se le cose andranno per il meglio. E questo, amico mio, è proprio quello che non sai fare. Rinunciare a qualcosa per davvero, anche solo pensare che si possa vivere bene senza quello che ti piace avere, che ti sei fatto un mazzo così per avere e che ti vuoi godere. Se ti tolgono quello che hai, che ti rimane nell'anima? Pensaci: niente. Non è la scellerata stupidità del presidente americano o la protervia prammatica del suo dirimpettaio russo che minacciano sul serio il mondo; non l'imbecillità dei ministri all'ambiente o l'ingordigia infame dei petrolieri. Siamo io e te, e tutti quanti gli altri: l'allegra compagnia di chi se la spassa, l'élite della specie umana. I dominanti.
Dimmi: quanti di noi sono disposti a perdere del loro per salvare il mondo a venire? Quanti sono disposti a mandare a quel paese i presidenti, i fabbricanti, gli speculatori, le doppie automobili, l'aria condizionata, il caciucco congelato, il fuoribordo e le dieci lampadine accese questa sera per tenere lontano tutto 'sto buio che ti senti intorno? Quanti di noi lo avrebbero fatto per salvare Praga dalla Moldava oggi? Non lo faremo domani per nient'altro al mondo, non muoveremo un dito ed eleggeremo in eterno gli uomini che ce lo consentiranno, i più avidi e i più stupidi tra noi, quelli adatti a far finta di niente. Perché questo abbiamo imparato a fare meglio di ogni altra cosa: farla da gobbi, come si dice. Altrimenti non si spiegherebbe. Noi, la sottospecie occidentale della specie umana, quelli che tanto hanno fatto per godersi in santa pace il mondo, non ci impoveriremo per i figli, i nostri figli, che forse manco verranno. E non ci sia chiesto di farlo per i figli dei figli dei neri e dei gialli, che loro sì, verranno; e nemmeno ci piace.
E questo è il nostro stile, è la grandiosa filosofia che abbiamo messo a puntino. Ragion per cui, fratello mio, buonanotte. E lascia perdere: non serve che spegnerai la luce quando ce ne dovremo andare.
Maurizio Maggiani IL SECOLO XIX 15/08/2002
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