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Ogni anno mando gli auguri di Natale a una mia amica versiliana, Alessandra. Spedisco il mio biglietto al seguente indirizzo: via Foce morta n.17. Ho vissuto solo una volta casa sua e non sono mai più tornato: ho provato un certo qual disagio prendere un caffè in via Foce morta 17. Lei invece mi pare felice di vivere lì, in una bella casa con giardino a un passo dalla spiaggia, e crescere nella sua casa un figlio e amarci un marito. Ha un solo dubbio, e quel dubbio la prende di questa stagione: che la sua casa resista a una nuova alluvione. All'altra, quella di cinque anni fa, ha saputo far fronte davvero egregiamente e la regione Toscana ha pagato con sollecitudine i non gravi danni subiti nella cantina. La mia amica non è neppure sfiorata dal dubbio di aver scelto di vivere nel posto sbagliato, che il nome della sua via debba pure dire qualcosa, e che qualcosa non sia affatto promettente. Convive, psicologicamente adattata a farlo, con la naturale evenienza che la foce del torrente nel cui alveo ha tirato su le fondamenta della casa si faccia un giorno da morta a rediviva.
E' già capitato, capiterà. Io non ne sarei capace: io non avrei mai costruito la mia casa in quel posto, io, tra l'altro, manderei in galera chi ha rilasciato una concessione edilizia in via Foce morta. Alessandra mi è venuta in mente mentre sento alla radio che il Bisagno sta dando di fuori e che il Polcevera è sul punto di farlo. Ascolto la radio e penso ad Alessandra mentre cerco di asciugare il pavimento del soggiorno fradicio dell'acqua che è riuscita a filtrare dai telai della finestra. Dalla finestra non vedo più la città, ma un velo grigio azzurro che la copre tutta. E' così da due giorni, dicono che sarà così anche domani. Dicono che giovedì andrà meglio e poi tornerà così venerdì, e sabato, e domenica.
Ieri sera per strada, mentre mi stavo inzuppando in coda per comprarmi un po' di cibo al mercato, ho sentito una ragazza che da sotto l'ombrello, guardando in su si chiedeva: finirà prima o poi? Forse no, forse sarà sempre così, per sei mesi all'anno almeno. E' assai probabile che quello che ci tocca in Liguria dell'effetto serra sia un nuovo, eccitante clima subtropicale sei mesi di pioggia e sei di siccità o meglio ancora un clima del tutto nuovo, qualcosa di esclusivo: dodici mesi di pioggia e basta. Forse, chi può saperlo? I metereologi non riescono a costruire modelli abbastanza attendibili perché ciò che doveva essere un mutamento lento sta andando a rotta di collo verso un delirio climatico. E poi il presidente Bush e il presidente dei petrolieri texani hanno dichiarato in un comunicato congiunto che l'effetto serra non esiste, ragion per cui forse tutto quanto è un immenso attentato climatico a cura del terrorismo mondiale.
Sia come sia, ho una sola certezza, non devo sprecare una sola parola, un solo minuto del mio e del vostro tempo per inanellare l'ennesima tiritera sul perché e il percome della milionesima alluvione. Puntare il dito contro chi, indignarsi di cosa, recriminare che? Come se servisse a qualcosa, come se non fosse certo da tempo immemorabile che è solo tempo buttato.
Si può scegliere o essere costretti a vivere in via Foce morta, ma il fatto certo è che via Foce morta esiste e esisterà in eterno, o almeno fino a che il torrente diventerà un fiume così vasto da spazzarla via assieme a tutto quanto nel raggio di mille chilometri. E se questo dovesse accadere, quelli che resteranno non faranno passare troppo tempo prima di tracciare ancora una volta una via Foce morta, e troveranno qualcuno che sarà costretto a viverci e qualcun altro che sarà addirittura felice di farlo. Almeno in questo paese, dove l'unica cosa di un qualche senso pratico che ci resta da fare è fare come Alessandra: adattarsi e sperare che l'acqua non arrivi più in su della cantina. E sbrigarsi a fare domanda alla regione per la riparazione di danni. Sono soldi che la comunità spende sempre volentieri: se non altro richiedono un'infinità di fatica in meno che a progettare un modo diverso di vivere e di abitare. Intanto pare che spiova. Così mi metterò per strada per arrivare alla stazione con la ragionevole speranza di arrivare a Chiavari prima di notte, in anticipo sulla prossima frana.
Maurizio Maggiani IL SECOLO XIX 27/11/2002
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