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MAURIZIO MAGGIANI

Shoah, il dovere di ricordare una colpa irrimediabile

Domani dunque celebreremo la Giornata della Memoria. Non è una festa domani, non c'è niente da festeggiare per quello che dobbiamo ricordare. E non mi piace neppure che sia una celebrazione. Le celebrazioni sono nemiche della memoria: le celebrazioni costruiscono appunto cerimonie, forme rituali che nel tempo inghiottono la sostanza di ciò che celebrano e la seppelliscono sotto un duro carapace di ipocriti orpelli, vuote formalità, frigide formule d'occasione.

Perché la memoria rimanga cosa viva, feconda, deve essere coltivata nel tempo e nelle generazioni con continuo lavoro di coscienza, incessante passione etica. Tutto sommato non ha neppure senso dedicare una giornata alla memoria, perché questo sottintende che gli altri giorni possono essere dedicati all'oblio: la memoria non è un'attività opzionale dello spirito, la memoria è il fondamento della storia di un uomo, la ragione che determina la crescita di una comunità.

Della memoria si nutrono le epoche per svolgersi, così come certe altre epoche si nutrono dell'oblio per involversi.

E domani l'Europa ricorda ciò che dovrà aver presente un giorno via l'altro per l'eternità, domani per l'Europa è il giorno di un dolore che viene da una ferita che niente rimarginerà. Domani l'Europa ricorda l'orrore, l'orrore che essa stessa ha generato. Auschwitz, la shoah, lo sterminio, gli stermini. E la prima cosa che dobbiamo ricordare, perché sotto le spoglie del giorno della memoria non alligni l'epoca dell'oblio, è che l'orrore è nato qui, creati qui, teorizzato e praticato qui e da noi, nel cuore dell'Occidente, nella culla della Civiltà Superiore.

Quando apriamo la bocca per proclamare il primato della civiltà occidentale, dimentichiamo, con feroce impudicizia, che l'Europa è quello che è oggi avendo regalato alla storia dell'umanità del XX secolo sessanta milioni di morti nelle guerre più disumane di cui la storia universale possa recare traccia, avendo pianificato e portato a buon fine lo sterminio di un intero popolo, architettato l'annientamento di altri. Ci fa comodo – oh, se ci fa comodo – rifilare a noi stessi l'ignobile menzogna che sia stato un incubo generato dalla mente di un pazzo, di una banda di pazzi. No. Perché la storia del secolo passato si compisse nel modo che si è compiuta si sono messe al lavoro élites politiche e intellettuali, si è prodotto pensiero scientifico; per generare l'orrore hanno dovuto lavorare sodo milioni di persone, decine di università, centinaia di industrie, parecchi parlamenti, attingendo da quello che avevano: da duemila anni di civiltà indiscutibilmente nobile e alta pervertita ai fini di un obbrobrio. Questa è la colpa dell'Europa, una colpa che niente potrà riparare, un debito che nessuno potrà mai rimettere, nemmeno un Dio. E nessun obolo sarà mai abbastanza generoso per ripararne le vittime.

Chi può dire in coscienza che ciò che è accaduto non possa ripetersi? Può dirsi il popolo ebraico salvo? Forse. Può dirsi salvo chiunque altro? Popolo, comunità, fede, etnia che siano? Non so. Forse per mano d'Europa sì, forse. Ma per mano di altri? La perversione del pensiero non è un'epidemia che si può estirpare, è una risorsa per un uso criminale dei poteri è un modo di esercitare il potere, è utilizzabile ovunque da chiunque voglia farlo. La memoria che non è strumento sottile di eccitazione dei sensi di colpa – i sensi di colpa non preservano dalle colpe – ma è vivere la storia con intelligenza morale e coraggio etico. La memoria interroga e pretende risposte.

Per quanto mi riguarda nel mio piccolo farò anch'io qualcosa domani. Giornata della Memoria. Nella piazza di Nervi, sulla lapide che ricorda gli uomini morti in difesa della libertà di questo Paese, è stata tracciata la scritta: INFAMI. Me lo ha detto una giovane donna, una cittadina che ricorda anche se è nata almeno venti anni dopo l'assassinio di quegli uomini. Mi ha anche detto che sarebbe andata a cancellarla quella scritta. Le ho chiesto l'onore di accompagnarla. A fare quello che andava già fatto da un pezzo dai depositari e dai custodi ufficiali della Memoria, da quelli che domani daranno i loro discorsi chiedendo di ricordare avendo già chiuso gli occhi sulla propria memoria.

Maurizio Maggiani – IL SECOLO XIX – 26/01/2003

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