| BIBLIOTECA | EDICOLA |TEATRO | CINEMA | IL MUSEO | Il BAR DI MOE | LA CASA DELLA MUSICA | LA CASA DELLE TERRE LONTANE || LA STANZA DELLE MANIFESTAZIONI | NOSTRI LUOGHI | ARSENALE | L'OSTERIA | IL PORTO DEI RAGAZZI | LA GATTERIA |



LUCA SCALCO
per Exibart
lunedì 17 settembre 2001

Picasso



Forse troppo spesso si è abusato della parole “evento”, applicata ad una manifestazione artistica.
Infatti, non raramente, si è assistito a manifestazioni culturali di modesto livello trainate da un nome importante (penso soprattutto alle speculazioni caravaggesche).
Oggi invece, per quanto riguarda la retrospettiva dedicata a Pablo Picasso, si può tranquillamente parlare di un grande evento artistico dallo spessore culturale e scientifico davvero di alto profilo.
Duecentoventicinque opere - in parte provenienti dai maggiori musei mondiali, in parte di proprietà della famiglia e praticamente inedite - ricostruiscono la carriera del maestro di Malaga, includendo tutti i linguaggi espressivi e formali (pittura, incisione, scultura, disegno).
Si tratta di un percorso che conferma la fondamentale importanza di Pablo Picasso in tutta la produzione artistica del XX secolo.
La mostra si dipana, nelle splendide sale del piano nobile di Palazzo Reale, in modo rigorosamente cronologico, iniziando dall’affascinante Ritratto di Fernandez Soto, esempio purissimo del “Periodo blu”, per poi passare all’esperienza cubista.
La deflagrazione della figura, il grande influsso delle teoria di Einstein sulla relatività del tempo sono alla base del primo periodo cubista, quello analitico, qui rappresentato da capolavori come Famme Nue del 1910 e Homme a la guitar, di un anno più tardo.
“Nel tentativo di rifondare la rappresentazione Picasso e Braque si trovano ad affrontare i problemi originali del processo rappresentativo e non avevano altra scelta se non quella di ripercorrere la storia dell’arte per riformularla: il rifiuto dell’estetica da parte di Picasso doveva essere raggiunto dall’interno, con l’aiuto della scienza”, ricorda Bernice Rose. Questa grande originalità, unita ad una profonda conoscenza della storia dell’arte, permise al Maestro spagnolo di rielaborare la lezione dei futuristi e dei surrealisti (per non parlare della grande passione per Goya che emerge da numerosissimi disegni) in modo del tutto personale: Femme Acrobatique (1930) rimanda direttamente ad Henri Matisse, ma a differenza del maestro francese, troviamo in quest’opera una tensione diversa, che pare quasi anticipare la futura stagione che avrà in Guernica lo zenith espressivo.
Negli anni Trenta e Quaranta, Picasso vive in modo lacerante la gravissima situazione politico sociale: il bisogno di denunciare gli orrori e gli eccessi della guerra (tema quanto mai attuale) lo porterà ad un realismo esasperato ed esasperante (come si evince da Guernica o dalla Guerra in Corea). L’arte quindi deve tornare ad essere realista per poter giungere ad una più larga fetta di opinione pubblica ed esprimere una denuncia sociale precisa ed anche violenta: ma per l’artista realismo non significa necessariamente realtà e dunque l’artista ne deforma l’anatomia e pare giocare con i volti, creando scandalo e scalpore.
Picasso fu sempre fondamentalmente un innovatore sia formale che tecnico, ed è straordinario vedere nelle ultime sale, questo grande artista, oramai ottantenne, fare suo il cosiddetto sgocciolamento, cioè la tipica tecnica dell’informale americano. Tale febbrile passione del Maestro spagnolo per l’arte mi ha sempre ricordato l’altrettanta eccezionale vitalità artistica di Tiziano Vecelio, capace anch’esso di sperimentare in punto di morte.
Luca Scalco

| MOTORI DI RICERCA | UFFICIO INFORMAZIONI | LA POSTA | CHAT | SMS gratis | LINK TO LINK!
| LA CAPITANERIA DEL PORTO | Mailing List | Forum | Newsletter | Il libro degli ospiti | ARCHIVIO | LA POESIA DEL FARO|