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MUSICA

Parlate con il popolo di Seattle





“A Genova per il G8 sarà una battaglia campale. E la colpa sarà dei provocatori mandati dai governi”. Manu Chao, 40 anni compiuti ieri, nuovo simbolo del popolo di Seattle, respinge anche l'invito del Ministro degli Esteri Renato Ruggiero che aveva dichiarato: “Uno dei nostri problemi, visto che ho 71 anni, è che non abbiamo il linguaggio dei giovani, quindi spesso è difficile comunicare. Credo che la musica sia senz'altro una delle strade che può contribuire ad aprire il dialogo. Ma dev'essere un atto d'umiltà che facciamo noi, non i giovani”.

Manu, cosa risponde al ministro Ruggiero?

Nulla, non commento neppure. I politici si fanno sempre vivi, ma perché il vostro ministro si rivolge a me?

Perché lei è un ambasciatore del popolo di Seattle.

Ma il popolo di Seattle non esiste, ve lo siete inventati voi giornalisti. Io a Seattle non ci sono mai stato. E poi mi sento solo ambasciatore di me stesso, non ho mai preteso di esserlo di qualcun altro. A Genova verrò da semplice cittadino, con un gruppo di persone per dire no a questo stato di cose che non ci piace: la globalizzazione.

Però a Goteborg è finita male.

A Goteborg sono scesi in campo provocatori mandati dai governi, purtroppo succede spesso nelle manifestazioni. Va sempre così: se c'è una provocazione, la polizia reagisce.

Lei è un'artista: a Genova si comporterà da pacifista?

Perché mi volete tutti pacifista? Anche il ministro. Non ho mai detto di esserlo, e non sono nemmeno un violento. E' un'etichetta che mi è stata appiccicata. Il vostro governo non può dire che sono il rappresentante dell'ala pacifista.

Il nostro governo vuole un dialogo con il popolo di Seattle.

E allora perché non si parla con i portavoce del movimento che saranno a Genova? No, i politici preferiscono cercare me perché sono un'artista che attira la stampa. Che poi un ministro s'interessi a me, per me è una novità: sono spiazzato.

Non crede che si cerchi di evitare disordini?

Sono convinto che gli organizzatori del G8 faranno di tutto per provocarli, i disordini, e tutto per svalutare il movimento, per dire: ecco, avete visto, sono degli irresponsabili. E' una vecchia tecnica, che funziona da quando c'è una protesta. Ripeto: sarà una battaglia campale per screditarci. E le provocazioni verranno dalla polizia. Così stampa e tv potranno dipingerci come violenti. Ho una certa esperienza di manifestazioni, finisce sempre così...

Ma lei con che intenzioni andrà a Genova, a luglio?

Ovvio che il mio approccio sarà pacifico, ma non voglio che mi chiamino pacifista. I governi dovrebbero preoccuparsi di esserlo per primi.

Lei è amato dai contestatori, ma pure primo in classifica. Come lo spiega?

Non riesco a spiegarmelo. Però so una cosa: sono primo senza nemmeno una campagna televisiva. Questo come se lo spiega?

Lei non vuole essere ambasciatore di nessuno, ma a Genova finirà per diventare un simbolo della lotta alla globalizzazione.

Invece, farò di tutto per evitarlo. A Genova l'unico vero simbolo sarà la grande massa di persone venute a contestare. Il fornaio farà il pane, e io canterò. Ma è molto importante che non ci siano troppi simboli: sarà solo importante esserci.

Intervista di Renato Tortarolo – IL SECOLO XIX – 22/06/2001

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