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MUSICA

MANU CHAO a Genova

GOA BOA s'accende nel segno del ribelle

Appello evangelico di Don Gallo, mercoledì sera al concerto di Manu Chao, davanti a 15 mila persone nell'ex laminatoio Italsider di Campi. “La terra è di Dio, quindi è di tutti” ha detto il fondatore della Comunità di San Benedetto al Porto, invitando con determinazione cittadini ed istituzioni ad accogliere con carità cristiana il popolo di Seattle, durante il G8.

Pronta la replica del Comune di Genova, per bocca di tre assessori ha replicato: “Noi ci siamo sempre stati, e abbiamo cercato la politica del dialogo con gli anti-globalizzatori, mentre gli altri fomentavano la paura”. Non è mancato nemmeno un secondo appello, da parte di un portavoce della comunità senegalese, per richiamare a Genova dal 19 al 21 luglio, una folla memorabile.

Ancora una volta, dunque, l'esibizione di Manu Chao, che ha cantato per oltre due ore, si è trasformata in una festa-proclama, in un manifesto del popolo di Seattle, con precise indicazioni, sotto forma di canzoni e in semplici parole, sull'appuntamento di luglio. Il concerto che apriva il Goa-Boa Festival in un'area industriale dismessa, ha seguito il copione di quello milanese, di giovedì scorso. Manu Chao, in calzoni beige e t-shirt verde da calciatore è salito sul palco alle 21,30 e da quel momento ha scatenato un ballo collettivo, una festa popolare senza freni, ma puntata su impegno sociale, solidarietà e difesa dei più deboli.

Accompagnato da una band di 10 elementi di livello formidabile, Manu è partito con “Machine Gun”, poi “Peligro”, “Welcome to Tijuana”, “El Viento”, “Casa Babylon”, “Mama Perfecta”, “Banana Loca” ed altre. Soltanto dopo “Proxima Extaciòn Esperanza” e un set incendiario per ritmo e coinvolgimento del pubblico, Manu ha invitato sul palco Don Gallo.

Come era già successo a Milano, l'intervento è partito dopo la voce registrata del sub comandante Marcos, il leader zapatista: “Vi parlo a nome dei centri sociali e di Genoa Social Forum. Devo ringraziare Manu Chao per essere coinvolto in una marcia di popoli che parte da lontano: dagli anni '70, e poi sino al decennio scorso. Parte da Seattle, Davos e Porto Alegre, e ora finalmente è arrivata a Genova dove ci sarà un grande evento”.

Don Gallo ha parlato di forze oscure, che tramano contro uno svolgimento pacifico della protesta anti-globalizzazione: “E poi non ci sono né zone rosse, né zone gialle”. In quanto a Manu Chao: “E' clandestino fra clandestini. A Genova si terrà la spettacolarizzazione di un sistema economico con conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti: una terra ch'è diventata un pianeta di naufraghi, D'altra parte questa marcia di singoli e gruppi è una svolta epocale: pensate che a Genova Social forum hanno aderito più di 800 gruppi. E questa marcia è verso una libertà ch'è libertà di tutti”.

La voce di Don gallo è risuonata in un concerto di musica da ballare, strepitosa per coinvolgimento, con una fortissima matrice sudamericana, ma arricchita dalla lezione ritmica dei Mano Negra, mitico gruppo di Manu Chao. Numerosi gli slogano, fra cui un ripetuto invito a legalizzare la marijuana. Dopo “Marijuana Boogie”, “Pixo de Loco”, “Mr. Bob” dedicata a Bob Marley, come “Light a fire” era un omaggio a Jim Morrison.

Messico, terre povere e t-shirt americane. Manu Chao infila “King of the Bongo”, “Rumba de Barcelona” e, dopo “Clandestino” lascia il palco al senegalese Silla. Un fiume in piena di suoni e ritmi tropicali, il gramelot di slogan e lingue, almeno cinque compreso il portugnol, l'energia fresca e il carisma solido di Manu Chao trascinano e spostano anche le montagne. Almeno quelle del pubblico. Impressionante, per energia, la seconda parte dello show: “Mi vida”, “Malavida”, “Radio Bemba”, “Fut Bol”, “Helno”, “Thetromper” e “Valse a salet”. Salomonico, più che evangelico, il gesto di Manu Chao di dividere parte dell'incasso con Don Gallo per il “Bar Clandestino”, centro di accoglienza per i partecipanti alle manifestazioni anti-G8.

Renato Tortarolo – IL SECOLO XIX – 27/06/2001

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