|
BIBLIOTECA
| EDICOLA
|TEATRO
| CINEMA
| IL
MUSEO | Il
BAR DI MOE | LA
CASA DELLA MUSICA |
LA CASA DELLE TERRE LONTANE |
| LA
STANZA DELLE MANIFESTAZIONI | NOSTRI
LUOGHI | ARSENALE
| L'OSTERIA
| IL
PORTO DEI RAGAZZI | LA
GATTERIA |
Che belli quei fischi per strada Nel luglio 1962, un mese prima di morire, Marilyn Monroe concesse una straordinaria confessione a Richard Meryman. Ne pubblichiamo ampi stralci. |
A volte mi metto uno scialle e un giaccone, non mi trucco e vado a fare shopping o semplicemente a guardare la gente vivere. E a volte incontro ragazzi svegli, che mi dicono: Ehi! Solo un minuto, sai chi penso che tu sia?. E cominciano a pedinarmi. Capisco che qualcuno voglia vedere se sei vera. I ragazzi, i bambini: le loro facce si illuminano. Dicono: Buon Dio! e non vedono l'ora di raccontarlo ai loro amici. Gli anziani mi vengono vicino e dicono: Aspetta, aspetta, che lo racconto a mia moglie. Hai cambiato la loro giornata. Al mattino, quando mi affaccio alla porta, gli spazzini che vanno lungo la 57esima mi dicono: Ciao, Marilyn! Come va oggi?. Per me è un onore e li adoro per questo. Gli operai...passo loro vicino e fischiano. Prima fischiano perché pensano: Toh! Una ragazza! E' bionda e non è sfasciata. Poi dicono. Buon Dio, ma è Marilyn Monroe. Quelle sono le volte che è bello, la gente che sa chi sei. E senti che per loro hai rappresentato qualcosa. Non so perché, ma in qualche modo sento che capiscono che sono presente in tutto quello che faccio quando recito, quando appaio sullo schermo, o se li vedo di persona e li saluto: quando dico Ciao, come stai' intendo proprio dire ciao, come stai. Quando sei famoso, in un certo senso vai a sbattere nella natura umana in modo totale, la tocchi sul vivo. Provoca invidia, ecco che cosa fa la celebrità. La gente che s'imbatte in te pensa: Ma chi si crede di essere, Marilyn Monroe?. Molti pensano che la fama dia loro una sorta di privilegio di salirti sui piedi e dirti qualunque cosa, sai, cose di ogni genere, e questo non urterà i tuoi sentimenti come se accadesse ai tuoi vestiti. Una volta cercavo casa e mi sono fermata in un posto. E' uscito un signore, molto piacevole, molto gentile. A un certo punto mi ha detto: Oh, solo un attimo. Voglio che mia moglie la incontri.. Bene, lei è uscita e mi ha detto: Per favore, esca da questo palazzo. Vai sempre a sbattere nell'inconscio della gente. Prendiamo un attore o un regista. Di solito non lo dicono a me, lo dicono ai giornali, perché il gioco è più grande. Se si limitano ad insultarmi in faccia, il gioco non è abbastanza grande. Perché tutto quello che ho da ribattere è: Ci vediamo, cioè mai. Ma se parlano ai giornali, la cosa va da una Costa all'altra e fa il giro del mondo. Non capisco perché le persone non siano generose le une con le altre. Non mi piace dirlo, ma credo che nel mondo del cinema ci sia un sacco di invidia. L'unica cosa che posso fare è fermarmi e pensare: Io sono a posto, ma non sono sicuro che siano anche loro. Per esempio, avrete letto che c'era un attore che una volta disse di me che era come baciare Hitler. Bene, penso che quello fosse un problema suo. Se devo recitare scene d'amore con qualcuno che ha davvero quel tipo di sentimenti verso di me, allora può entrare in gioco la mia fantasia. In altre parole, fuori lui, dentro la mia fantasia. Come se non fosse mai stato lì. Io non guardo a me come una merce, ma sono sicura che lo fa un sacco di gente. Compresa...una casa produttrice in particolare, che non nomino. Se do l'impressione di prendermela o qualcosa del genere, penso che sia proprio così. Penso che ho degli amici meravigliosi e all'improvviso oh, ecco qua fanno un sacco di cose: parlano di te con i giornalisti, raccontano storie. Sai, è spiacevole. Naturalmente, dipende dalle persone, ma a volte sono invitata in posti solo per ravvivare il tavolo da pranzo, come il pianista che suonerà dopo cena. E lo so, che non t'invitano per te stessa. Sei giusto una decorazione. Avevo cinque anni: penso che sia stato allora che ho cominciato a voler essere un'attrice. Adoravo recitare. Non mi piaceva il mondo intorno a me, era un po' cupo, ma adoravo recitare, era un po' come costruire i tuoi confini. Andava al di là della tua casa potevi creare le tue situazioni e potevi far finta, e anche se gli altri bambini erano un po' lenti a immaginare la loro parte, potevi dire: Ehi, che ne direste così e così, non sarebbe divertente? e loro dicevano Oh sì e poi: quello sarà un cavallo , e questo... Era proprio bello. Quando ho capito che quello era recitare, dissi: Questo è quello che voglio essere una che recita. Poi però cresci e scopri cose che che ti rendono il recitare molto difficile. Alcune delle famiglie che mi avevano adottata avevano l'abitudine di mandarmi al cinema per togliermi dai piedi e io me stavo lì tutto il giorno fino alla notte proprio davanti allo schermo, che era così grande, e quella bambina piccola tutta sola -. A me piaceva da pazzi. Mi piaceva tutto quello che si muoveva lassù. A 11 anni il mondo, che mi era stato sempre chiuso - io pensavo di essere tagliata fuori dal mondo all'improvviso si è aperto davanti a me. Anche le ragazze mi prestavano un po' più di attenzione perché pensavano: Mhh, è una con cui bisogna fare i conti. Per andare a scuola dovevo fare una strada lunga, cinque chilometri ad andare, cinque a tornare. Era un piacere assoluto. Chiunque passasse suonava il clacson. Il mondo mi divenne amico. I ragazzi che distribuivano i giornali ronzavano dalle parti dove vivevo e io stavo appesa a un ramo di un albero e avevo una sorta di felpa, non mi potevo permettere i golf. E quelli arrivavano con le loro biciclette e mi davano i giornali gratis, e la famiglia era tutta contenta. Era però una cosa a doppio taglio. Scoprii anche, quando il mondo si aprì davanti a me, che la gente dava per scontato un sacco di cose: che non solo potevano essere amichevoli nei miei confronti, ma potevano anche diventare troppo amichevoli, e si aspettavano moltissimo in cambio di molto poco. E' stata la mia parte creativa che mi ha aiutata ad andare avanti, a diventare un'attrice. Penso di aver avuto sempre avuto troppa fantasia per limitarmi a fare la casalinga. Comunque, dovevo mangiare. Non sono mai stata mantenuta, a essere schietta. Ho sempre provveduto a me stesso da sola. Il momento in cui ho cominciato a pensare che ero famosa è stato quando, tornando dall'aeroporto dove avevo accompagnato qualcuno, ho visto un cinema che aveva sulla facciata il mio nome a lettere luminose. Ho fermato la macchina in strada a una certa distanza era troppo fermarmi vicino, così all'improvviso. E mi sono detta: Oh Dio, qualcuno si è sbagliato. Tutto era molto strano per me. Nei teatri di posa mi dicevano: Ricordati che non sei una star. E invece eccomi lì, a lettere luminose. Ho capito che dovevo essere una star o qualcosa del genere dai giornalisti dai maschi, non giornaliste che mi intervistavano ed erano cordiali e amichevoli. Dicevano: Sai, sei l'unica star. E io rispondevo: Star?. E loro mi guardavano come fossi matta. Penso che siano stati loro a farmi capire che ero famosa. Ricordo quando mi diedero la parte in Gli uomini preferiscono le bionde. Jane Russell lei era la bruna, io la bionda prese 200 mila dollari, io 500 a settimana, che per me erano una bella cifra. Ma non riuscivo ad ottenere il camerino. Alla fine dissi: Ehi! Dopo tutto io sono la bionda e questo film è Gli uomini preferiscono le bionde. Ma loro continuavano a dirmi : Ricordati che non sei una star. E io: Qualunque cosa io sia, io SONO la bionda!. Se sono una star, è perché la gente mi ha fatta tale. Quando andavo a una prima e tutti si precipitavano verso di me, mi guardavo alle spalle per vedere chi ci fosse dietro. Ho avuto questa sensazione per molto tempo, come se stessi prendendo in giro qualcuno. Non so chi, forse me stessa. In scena ho sempre dato il massimo, anche se tutto quello che dovevo dire era: Ciao! Volevo che la gente avesse da me il meglio che pensasse che era valsa la pena di pagare il biglietto. Quando giravo scene di responsabilità, pensavo: Oddio, come vorrei essere la donna delle pulizie!. Ogni attore lotta contro la timidezza più di quanto si possa immaginare. Forse la gente pensa che recitare sia un gioco da ragazzi, invece è una vera lotta. Io sono una delle persone più insicure al mondo, devo proprio lottare. Un attore non è una macchina. La creatività è cominciata con l'umanità e, quando sei un essere umano, senti, soffri sei allegro, sei malato, sei nervoso e così via. Come ogni essere umano creativo, vorrei avere un po' più di controllo, cosicché, quando il regista dice: Una lacrima, subitooooo! quella lacrima spunti fuori. Una volta spuntarono due lacrime, perché pensai: Come osi?. Tutti ti strattonano. Tutti vorrebbero farti a pezzetti. Ma tu vuoi restare intatta intatta e salda suoi tuoi piedi. Penso che quando sei famosa ogni debolezza viene esagerata. L'industria cinematografica si comporta come una madre il cui figlio è appena scampato a una macchina, ma anziché afferrarlo, comincia a sgridarlo: Non devi prenderti un raffreddore! Come osi prenderti un raffreddore?. I dirigenti delle case cinematografiche possono prendersi tutti i raffreddori che vogliono e starsene a casa per sempre e telefonare ma come osi tu, l'attore, prenderti un raffreddore o un virus! Un sacco di gente ha strani problemi che non oserebbe far sapere a nessuno, e se li tiene. Se invece io ho un problema e per questo sono in ritardo, immagino che la gente pensi che il mio ritardo è una sorta di arroganza, mentre io penso che è l'opposto dell'arroganza. Non condivido tutto questo correre degli americani, ti dicono che devi andare di corsa, ma non c'è nessuna buona ragione per farlo. Per me la cosa principale è essere pronta, per fare una buona recita o dare il meglio di me. Un sacco di gente è sempre puntuale, ma non fa niente, se ne sta seduta e chiacchiera di banalità, racconta la sua vita sociale. Clark Gable disse di me: Quando c'è, c'è. E' tutta presente! E' lì per lavorare. Sono stata molto onorata quando mi hanno chiesto di partecipare alla festa del Presidente al Madison Square Garden. Quando ho cominciato a cantare Happy Birthday in sala è calato un silenzio speciale se avessi portato la sottoveste, avrei pensato che si vedeva l'orlo. In quel momento un pensiero terribile mi ha attraversato la mente: Oddio, e se non uscisse nessun suono?. Un silenzio come quello però mi scalda. E' come un abbraccio. E, così, quella sera, ho pensato: Per Dio, canterò questa canzone, foss'anche l'ultima cosa che faccio. E' per tutta questa gente. La fama ha un peso speciale: non è l'essere eleganti o sexy, ma il peso sta in tutto ciò che si accompagna all'eleganza e all'erotismo. Penso che la bellezza e femminilità siano senza età. Non s'inventano. Il fascino non si fabbrica anche se i fabbricanti non amano sentirselo dire. Il fascino nasce dalla femminilità. La sessualità è attraente solo quand'è naturale e spontanea. E' lì che un sacco di donne perdono l'autobus. Nasciamo tutti creature sessuali, grazie a Dio, ed è un peccato che così tanta gente disprezzi e sputi su questo dono naturale. L'arte, la vera arte, nasce di lì tutto nasce di lì. Non ho mai capito questo essere un simbolo sessuale ho sempre pensato che i simboli fossero quelle cose che cozzano l'uno contro l'altra. Ma se proprio deve essere il simbolo di qualcosa, preferisco essere il simbolo del sesso che di qualche altra cosa simbolica. Queste ragazze che cercano le case produttrici o forse si istigano da sole non hanno...Puoi fare un sacco di battute: ma non hanno il retroterra. I miei cugini adottivi hanno portato il peso della mia fama. A volte hanno letto cose terribili su di me, e mi preoccupo che questo li ferisca. Dico loro: non nascondetemi queste cose. Preferisco che mi facciate delle domande dirette e risponderò sempre. Non abbiate paura a chiedere. Dopotutto, sono salita partendo dal basso. La fama per me è solo una felicità temporanea e parziale, lo è anche per una trovatella e io sono cresciuta come una trovatella. La fama non va bene come dieta quotidiana. E' come il caviale: è gradevole mangiarlo, ma non ogni giorno e a ogni pasto. Non sono stata abituata a essere felice, la felicità non è qualcosa che do per scontato. Sono stata allevata in modo diverso dal bambino medio americano, lui cresce aspettandosi di essere felice. E cioè: avere il successo, avere la felicità ed essere puntuale. Ma grazie alla fama ho potuto incontrare e sposare due degli uomini più gentili che mi sia capitato di incontrare in questi anni. Non credo che la gente si rivolterà contro di me, almeno non di sua volontà. A me la gente piace. Il pubblico mi spaventa, ma nella gente ho fiducia. Forse restano colpiti dai giornali o dalle storielle che le case produttrici fanno circolare su di me. Ma credo che quando la gente va a vedere un film, giudica da sé. Noi esseri umani siamo strane creature e ancora ci riserviamo il diritto di pensare con la nostra testa. Una volta dissero che ero finita. Quando Arthur Miller fu processato per aver insultato il Congresso, un certo dirigente mi disse che o lo inducevo a fare dei nomi o sarei stata finita. Gli risposi: Sono fiera delle posizioni di mio marito e resterò al suo fianco fino alla fine. Anche la Corte disse: Finita. Non si sentirà più parlare di te. Può essere quasi un sollievo essere finiti. C'è come la sensazione di avercela fatta. Ma non sei mai finita: devi sempre ricominciare a correre. La celebrità passa. Finora, fama ne ho avuta tanta. Se passerà, l'ho sempre saputo che è capricciosa. Almeno sarà qualcosa che ho sperimentato. Ma non è questo lo scopo della mia vita. Marylin Monroe - © Bbc LA STAMPA 28/12/2001 |
|
MOTORI
DI RICERCA | UFFICIO
INFORMAZIONI | LA
POSTA | CHAT
| SMS
gratis | LINK
TO LINK!
|
LA CAPITANERIA DEL PORTO | Mailing
List | Forum | Newsletter | Il
libro degli ospiti | ARCHIVIO
| LA
POESIA DEL FARO|