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Max Manfredi fa San Giorgio |
Musica e parole inquiete in piazza San Matteo con il concerto di Max Manfredi San Giorgio e la sua staffa, terzo appuntamento del Festival in una notte d'estate a cura di Lunaria Teatro. Max Manfredi sul palco insieme ai musicisti Federico Bagnasco (contrabbasso), Maurizio Borgia (batteria e percussioni), Edmondo Romano (clarinetto), Roberto Piga (violino) e Fabrizio Giudice (chitarra classica) per uno spettacolo che un ibrido multi indisciplinare, dice lui, in bilico tra malinconia e irriverenza, squarci lirici e acrobazie musical-canore. Il scaletta per il cantautore genovese già vincitore del Premio Recanati e del Premio Tenco, pezzi storici (uno per tutti la famosa Fiera della Maddalena, incisa a due voci con Fabrizio De Andrè) e pezzi nuovi tratti dall'ultimo cd L'intagliatore di santi. Il percorso tematico del festival è quello degli eroi. E lei ha scelto San Giorgio... In realtà le mie canzoni parlano sempre di antieroi, però San Giorgio è presente in alcuni pezzi, Natale fuoricorso, Molo dei Greci. E' un eroe santo, tra l'altro patrono di Genova, con l'aggravante che forse non è mai esistito. Anche la leggenda dell'uccisione del drago è senza alcun fondamento, tutto nasce dall'interpretazione sbagliata di un'immagine trovata a Costantinopoli. E' un santo un po' fuori posto, simmetrico ai miei antieroi. Il drago in fondo è la sua spalla, si muovono insieme in una specie di gioco di ruoli. La canzone d'autore è davvero morta o agonizzante come profetizza qualcuno? Non è certo il linguaggio maggioritario, ma l'interesse c'è sempre. Può passare di moda ma non finisce, la stessa poesia è nata cantata. Manco piuttosto una politica culturale in grado di promuoverla. Cantautore da sempre fa rima con impegno. Molti suoi colleghi hanno scritto brani sul G8. Lei ci ha pensato? Sì, però poi a parte qualche verso la canzone non è venuta fuori. Si sarebbe intitolata Prove tecniche di fascismo, credo comunque nel diritto acquisito dei cantautori a farsi i c.... propri, la libertà di non schierarsi da questa o da quella parte. Lo schieramento oggi è linguistico, non ideologico. Come diceva De Andrè, è il linguaggio dell'artista il vero anticorpo al potere. Qualcuno dice anche i cantautori sono noiosi... Per me Leonard Cohen o Brassens non sono lagne, lo sono gli 883 che però fanno impazzire altre persone. Bisogna stare attenti alle definizioni. Sta scrivendo nuove canzoni in questo periodo? No, ne ho nel cassetto abbastanza per un nuovo disco. A settembre uscirà un mio libro edito da Liberodiscrivere, Trita provincia, una specie di romanzo solipsistico scritto un sacco di tempo fa e mai pubblicato. Che rapporto c'è tra libro e canzoni? Le immagini e le idiosincrasie sono le stesse. E' completamente diverso il lessico, quello delle canzoni è per forza di cose più comprensibile e immediato, nel libro mi sbizzarrisco ad usare parole che non esistono più. Progetti immediati? Concerti...E poi forse in Brasile, ma è ancora troppo presto per parlarne... Intervista di Raffaella Grassi Il SECOLO XIX 06/08/2002 |
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