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IL SECOLO XIX

26 Novembre 2002



Manfredi: nel mio libro Genova filtrata dai sogni



A Max Manfredi non bastava scrivere canzoni e così ha dato alle stampe un romanzo: Trita provincia (Libero di scrivere, euro 12,00), un testo che vive di immagini, visionario, si nutre di frammenti, di "tanti personaggi e nessun intreccio" per dirla con Pessoa.

E allora ecco che gli ubriachi si addormentano e si lasciano trasportare dalla corrente, mentre l’ "acqua molle, fresca come lenzuola nuove, fa loro da materasso e federa". Oppure i denti di Etel che diventano la centrale elettrica di tutta la città. Gaudioso non riesce più a scrivere ma solo a trascrivere fino a morirne, mentre Goffredo usa l’inchiostro simpatico per non lasciar traccia. E così via, una girandola di personaggi, sensazioni, descrizioni in cui è facile perdersi. E su tutto l’arte che "è una strega, un guaio per chi ci fa lega. Per l’arte van bene gli artisti che son tipi tristi". Non è un romanzo da leggere tutto d’un fiato, non ne ha le caratteristiche, è un testo che invita il lettore a soffermarsi, a meditare, a lasciarsi cullare o ferire dalle parole, dal loro fruscio, dalle assonanze, indugiando sulle sillabe e ascoltando il rumore delle consonanti e delle vocali. Max Manfredi fa parte di quella schiera di artisti atemporali, scrive Claudio Pozzani nell’introduzione, che "sono stati all’ombra delle cattedrali delle grandi città del Medioevo", così come a "immaginare e disegnare nuove metropoli" agli inizi del Novecento. Non è il primo romanzo che Max scrive, ma il primo che ha deciso di pubblicare. Racconterà questa sua esperienza, presentato da Claudio Pozzani, mercoledì 27 novembre, alle 17,30 al Libraccio di Genova, in piazza Rossetti 2r. insieme a lui presenteranno i loro libri Renato Biasizzo (Lob Vinci and the Spankers) e Giampiero Orselli (Le parole di Giampiero Orselli per le fotografie di Gianni Ansaldi), usciti sempre per i tipi di Libero di scrivere. "Ho sempre scritto da quando ho imparato a scrivere", dice Manfredi, "Se scrivi incarti la parola, se canti la incarni. Un libro si legge in solitudine, una canzone ha bisogno di ascoltatori".

Perché hai deciso di "incartarti". Non ti bastava scrivere canzoni?

"Sono due discipline dirimpettaie e consanguinee"

Perché ci hai messo più di vent’anni a scrivere Trita Provincia?

"Ho lavorato come una massaia che pulisce il pavimento tutti i giorni, poi dà la cera e ogni tanto le capita di trovare qualche gioiello nascosto".

Certo non è un romanzo facile, alla portata di tutti

"Non l’ho scritto in funzione di una comunicazione immediata. La comunicazione non è un bene assoluto. Non mi piace il linguaggio semplice da spot pubblicitario di cui si nutre tanta narrativa contemporanea".

Il set dove ambienti alcune scene ricorda Genova….

"Sì, un paesaggio filtrato dal sogno. Il libro più che raccontare una storia, situa i personaggi all’interno di determinate architetture. Un misto di frammenti di spazi metropolitani e di scenografie più antiche. Quale città se non Genova ha una complessità così intensa? In questo libro ritornano con prepotenza le immagini delle mie canzoni. Le mie ossessioni sono sempre le stesse,"

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