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Presepi e superstizioni |
E' un ben triste Natale quello in cui si discute se è giusto contrapporre Cappuccetto rosso a Gesù bambino, e tutti gli e le ipocrite d'Italia scoprono che in nome della laicità bisogna appendere croci ovunque e far sfilare davanti ai presepi, nelle scuole, scolari scolare studenti ecc. Tutti sappiamo che la religiosità nel nostro paese serve soprattutto per un controllo sociale e non serve alla liberazione attraverso un messaggio di fede. Anzi, approfittando della generale ignoranza in merito, viene fatto credere che la laicità dello Stato (un principio cristiano, che caratterizza addirittura il messaggio evangelico rispetto alle altre due religioni monoteiste) sarebbe confronto tra religioni, o conservazione più o meno tollerante di tradizioni religiose, e non invece riconoscimento di un "proprium" della organizzazione sociale e politica, fornita di propria autonomia e funzionante come spazio di ricerca, criticità, libertà. La scoperta della fede avviene meglio nella libertà, altrimenti lo stesso messaggio religioso diventa oppressivo costrittivo censorio persecutorio; a vedere come si comportano le sedi di comando delle varie religioni in questo momento non c'è bisogno di altre parole. Sono convinta che il sistema politico democratico dovrebbe avviare una lotta culturale ben fatta per un rilancio della ragione critica e contro tutte le superstizioni che ci ingombrano pericolosamente: come si sa la superstizione è fonte di paure e sospetti e avvia persecuzioni, è già successo molte volte. Ma non abbiamo da cercare tra gli stranieri i colpevoli di orrendi delitti, avvengono tra noi.
E cominciamo da Cappuccetto rosso. A me sembra una pedagogia poco significativa quella di sostituire il racconto natalizio con una fiaba che del resto non è nemmeno orientale. Il fatto, sia pure nelle sue buone intenzioni, dimostra che la conoscenza dell'Islam è scarsa.
Nessun buon musulmano può
essere offeso dalla celebrazione della nascita di Gesù Cristo,
che il Corano considera un profeta (e considera Maria una donna molto
rispettata e venerata). Vedo che alcune maestre invece pensano che
conoscersi e accettare le diverse feste e ricorrenze è meglio
che fare pasticci: lasciar agire senza costrizioni le persone
ragionevoli e razionali serve a trovare strade giuste. Del resto il
Natale è una celebrazione che non può essere offensiva
per nessun immigrato. Racconta di una famiglia modesta che per avere
i documenti richiesti dallo stato (occupante in quel caso) deve fare
un lungo cammino: come possono non capire quelli che stanno in coda
alle questure per i permessi di soggiorno? E arrivati a un momento
difficile perché Maria sta per partorire, non trovano posto al
Centro di accoglienza e si adattano in un garage (l'equivalente della
stalla di un tempo) e lì nasce il bambino, che poi viene
scoperto e accolto da lavoratori extracomunitari di quelli che fanno
cose umili e negli orari difficili: anche i pastori erano disprezzati
ed emarginati nella gerarchia sociale del tempo, e dovevano
difendersi dai predoni che miravano alle loro greggi stando svegli la
notte. Se poi si soggiunge che la stessa famiglia di lì a due
anni prova la persecuzione politica e deve cercare rifugio in Egitto
per sottrarsi alle vendette di un feroce re fantoccio
dell'imperialismo romano come Erode, il Natale mostra la sua tremenda
attualità. E accusa noi per le nostre inadempienze. Comunque
se il paragone con Cappuccetto rosso è solo un errore
pedagogico in buona fede, il fatto che invece tutti e tutte le
ipocrite del nostro paese si straccino le vesti perché "le
tradizioni non vengono rispettate" (viene in mente un famoso
episodio del concilio Vaticano II, a proposito della fonte della
rivelazione, ma ve lo racconto un'altra volta) è un vero
scandalo, un tradimento teologico che ha del sacrilego: il Natale
festa della gratuità della generosità del dono e della
pace ("pace in terra a chi opera bene" vien detto ai
pastori) diventa un immondo mercato.
Lidia Menapace - LIBERAZIONE 17/12/2004
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