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Momenti no global |
Il movimento no global? Direi che più che un movimento è stato un momento. Per cui non cè da piangere ed elaborare il lutto per un momento che è finito. Ora cè altro, il movimento globale si è rilocalizzato. Naomi Klein, nota allintero pianeta come profetessa no global grazie al libro-manifesto No Logo è arrivata a Roma, insieme al marito Avi Lewis, per presentare ancora un manifesto: The Take - già passato al festival di Venezia -, un documentario girato in Argentina (da oggi nelle sale italiane distribuito da Fandango) per documentare lesperienza delle fabbriche autogestite dagli operai allindomani del crack economico, a dimostrazione di come un altra economia è possibile. Da qui la riflessione sulle strade che ha preso il movimento. In Italia - conferma Naomi Klein - avete sempre usato questa espressione no global che non ho mai ben capito cosa indicasse. Negli Usa non la conosciamo. Più che un movimento, infatti, credo si sia trattato di un momento, un momento di riconoscimento globale. I soggetti isolati a livello nazionale hanno trovato insieme una sorta di identificazione. Così come è successo a Seattle, Genova, Porto Alegre. Ed è stato importante. Importante condividere delle idee, che poi, anche grazie alla rete, hanno trovato una maggiore possibilità di scambio. Quello che rispetto ad allora è cambiato, sostiene oggi Naomi Klein, è che adesso sappiamo che queste lotte sono locali e vanno combattute e vinte nei luoghi dove si vivono. È il caso per esempio delle battaglie contro la privatizzazione dellacqua in Bolivia, dei Sem Terra in Brasile, delle fabbriche autogestite dagli operai in Argentina, appunto, come racconta The Take.
Lo
stesso sta avvenendo anche in Italia - prosegue Naomi Klein - .
Da Genova le lotte del movimento sono proseguite con le battaglie
dei giovani contro il lavoro precario e il sostegno ai migranti. Con
la nascita di San precario - che ieri sera a Roma ha
tenuto a battesimo lanteprima del film - santo patrono di
tutti i lavoratori senza garanzie. Già venerato
al Festival di Venezia dove è stato ospite della cosiddetta
spiaggia no global, della quale Naomi Klein, Avi Lewis e Tim Robbins
sono stati assidui frequentatori. Insomma, il movimento
globale - sintetizza la Klein - si è rilocalizzato, ma
senza perdere la sua dimensione internazionale. E mettendo
in luce, soprattutto, lesigenza principale del rispetto dei
diritti umani. Ci si inizia ad interrogare - prosegue -
sulla distanza tra economia e diritto alla sopravvivenza. Ci sono
paesi in cui certo ho il diritto di voto, ma poi non ho quello alla
casa, al lavoro, alla vita stessa. Quindi mi vengono negati gli
stessi diritti umani: questa è la democrazia in versione Bush.
Per questo in America Latina si dice Vogliamo tutto,
vogliamo il diritto alla vita. Come mostriamo in The
Take. E così come rivendica anche il movimento di
San Precario in Italia al quale ci sentiamo molto vicini. Se non
abbiamo diritto al lavoro che vita possiamo fare? Ecco, questa è
la dimostrazione che non cè da piangere ed elaborare il
lutto sulla fine del movimento, ma semplicemente prendere coscienza
della sua trasformazione.
Ed è
proprio lAmerica Latina ad essere diventata una sorta di
laboratorio per questo cambiamento. Ne è convinta, infatti, la
coppia no global Klein-Lewis:
Nel Sud America i movimenti sociali - dice Avi Lewis - sono
cresciuti rigettando le politiche neoliberali e gli stessi governanti
di fronte a queste trasformazioni sono diventati più
ricettivi. Del resto stiamo anche assistendo allo spostarsi a
sinistra dei governi latino americani. In Argentina, Brasile,
Venezuela, Uruguay le cose stanno cambiando. Il grido se ne
vadano tutti partito dallArgentina ha raggiunto tutto il
continente». Mettendo in allarme, ancora una volta, gli Stati
Uniti. La preoccupazione dellamministrazione Bush -
prosegue Avi Lewis - è dimostrata dalla campagna di
demonizzazione nei confronti di Chavez in Venezuela, così come
abbiamo già visto fare in passato per altri governi
sudamericani di sinistra.
Dalla protesta, insomma, il movimento è passato allazione. Quando ho scritto No Logo - aggiunge Naomi Klein - parlavo soprattutto di spirito di resistenza. I movimenti li abbiamo visti in Italia per le vie di Genova, ma il loro spirito non è solo nel manifestare. Quello profondo, politico, è lesigenza di trovare vie alternative. Così come documentiamo in The Take dove, infatti, abbiamo scelto di mostrare non necessariamente le violenze delle occupazioni delle fabbriche, come spesso è accaduto, ma piuttosto il processo umano, di riflessione e di scambio che è stato alla base dellautogestione delle fabbriche. Questo al fine di spiegare, soprattutto ai giovani, che il cambiamento sociale non necessariamente deve essere violento e repentino. Esempio: cade il muro di Berlino, cade il comunismo. Ci interessava mostrare, al contrario, il grande processo umano che cè dietro al cambiamento. Questa è, infatti, la vera minaccia al capitalismo, molto più che far vedere la polizia che spara sulle folle degli operai».
Gabriella Gallozzi L'UNITA' 18/03/2005