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Odetta: lotto per la libertà. La mia arma è la musica |
Qualche giorno fa, nel più assoluto silenzio mediatico, ha suonato per la prima volta in Italia grazie al festival di Genova Just like a woman, una carismatica signora settantenne afroamericana che canta con la voce di un mezzo soprano di lotte e rivendicazioni sociali, di guerra ed emarginazione. Qualcuno la ricorderà, perché Odetta è una vera leggenda vivente, icona della musica folk music di protesta, una Joan Baez afroamericana che ha legato il suo nome ad ogni evento politico, ad ogni battaglia fin dagli anni Cinquanta, portando avanti per quattro decenni una vocazione quasi mistica scoperta fin dai primi anni di vita. Stimata da Bob Dylan e la stessa Baez, Odetta è il nome che più ritorna tra le ispirazioni dei folksinger (da Janis Joplin a Joan Armatrading), un vero della cultura popolare americana, uno scrigno di canzoni capaci di disegnare la storia di un paese. La musica è sempre stata nella sua vita. Ci racconta i suoi esordi? Credo che la gente venga sulla terra con una missione, e la mia è sempre stata quella di cantare. Avevo quattro anni che già parlavo di musica senza sapermi allacciare le scarpe. Il primo contatto vero avvenne attorno ai sette o sette anni, grazie alla chiesa battista. Non ero interessata ai sermoni, aspettavo solo il momento in cui si iniziava a cantare. Più tardi pretesi di imparare la musica, suonare il piano, mi feci comprare un piccolo quaderno e con la matita pretendevo di scrivere già delle canzoni. E' un dono. Una visione religiosa della musica? Religiosa assolutamente no, io non credo. Spirituale sì. Quando è diventata una professione? Non so, perché l'ho sempre intesa come l'unica cosa capace di aiutarmi o guidarmi. Presto cominciai a suonare con la chitarra degli standard del folk e cominciarono a invitarmi ai concerti di beneficienza. Come fu negli anni Cinquanta l'incontro con la comunità dei folksinger? Una rivelazione, l'inizio di una nuova vita. Suonavamo a Los Angeles e dintorni in pieno maccartismo. Partecipammo ad una manifestazione per cercare di salvare i Rosenberg che poi furono giustiziati. Da allora la mia arma per resistere è sempre stata la musica? Un'arma che funziona ancora oggi? Niente si ripete, niente è sempre lo stesso, compresa la forza rivoluzionaria della musica. Ma il folk, questo afflato di stare insieme, lottare e cantare, è una meravigliosa scusa per condividere un ideale, un'energia comune. Per questo il folk non morirà mai. Ad un concerto di questa musica non sentire mai che è successo qualcosa di spiacevole come a volte accade per i raduni rock. E questo succede perché la gente è troppo occupata ad aiutarsi vicendevolmente. Che ricordi ha del Newport Festival? Una sensazione di amore comune. Ricordo che camminavamo assieme per le strade, mangiavamo assieme ai ristoranti, parlavamo di continuo, vivevamo un senso di comunanza straordinario. Lei negli anni Sessanta registrò un disco di cover di Dylan. Che rapporto aaveva con lui e Joan Baez? Lo ho incontrati entrambi spesso, ma non c'è mai stata intimità. Solo un'immensa stima reciproca che dura da tantissimi anni. Il suo impegno civile come prosegue? Non si può separare la musica dalla vita e dalla politica. Il musicista che vuole farlo significa che ha paura. Perché aver paura? Per le ripercussioni del governo? No, non c'è scusa. Abbiamo fatto moltissimi concerti contro la guerra e tutt'oggi sono circondata da tantissime persone che tentano di migliorare le cose con il proprio lavoro. Siamo dentro la politica come lo eravamo per l Vietnam. C'è ancora tanto da fare negli Usa. Parlo di programmi diretti alle donne, agli omosessuali, alle lesbiche, alle donne maltrattate e ai bambini. La lista delle persone per le quali possiamo essere utili è infinita. Come ha vissuta la guerra in Iraq? Ho protestato, protestato, protestato. Ho paura di chi c'è al governo oggi. E' gente che neppure prende in considerazione la nostra costituzione. Stanno diminuendo le libertà per arrivare ad uno stato di polizia. Non è possibile negoziare con questa gente che causa dolore ovunque. In America pochi lo sanno ma stanno arrestando tantissimi arabi senza una motivazione e questa gente finisce in galera senza la possibilità di avere un legale o vedere la proprie famiglie. E' una situazione terribile. Intervista di Silvia Boschero- L'UNITA' 27/07/2003 |
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