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Giovanni Rebora
IL SECOLO XIX – 17/01/2002

Ma gennaio non è il tempo delle fragole

Dispongo di lunghe liste di prezzi di generi alimentari che vanno dalla metà del Cinquecento ai primi decenni dell'Ottocento. Il prezzo di ciascun genere varia secondo la stagione e, nel corso della stagione, varia con l'aumentare naturale della produzione; le primizie si presentano con prezzi alti, poi i prezzi si abbassano fino a raggiungere il minimo nel momento di massima produzione (fondéa, si diceva in genovese). Nel caso dei carciofi, il prezzo diminuiva ancora quando apparivano le ultime articiocche, quelle ormai con la barba. Il prezzo delle uova era alto e raggiungeva picchi notevolissimi in inverno per poi tornare a prezzi normali in primavera: la torta pasqualina stava a festeggiare il ritorno al lavoro delle galline. Non è un caso che l'intera Europa abbia scelto le uova di Pasqua e non quelle di Natale.

Quest'anno la pioggia non cade da mesi e neppure nevica nei luoghi che un tempo erano coperti di neve per tutto l'inverno, se non fosse per le lamentale degli sciatori di cui si occupa la televisione, nessuno, salva gli agricoltori, se ne accorgerebbe. Eppure questa siccità invernale ha e avrà conseguenze gravi sulla produzione e di conseguenza sui prezzi dei prodotti agricoli e dell'orticoltura.

Quanto alle serre, esse devono essere riscaldate e il freddo rigido fa consumare più gasolio con relativi costi, tutt'altro che lievi. Queste poche righe per avvertire che i rincari della verdura saranno, almeno in parte, giustificati dall'andamento della stagione, anche nel caso di prodotti “di stagione”.

Visto che i rincari sono prevedibili è probabile che qualcuno, solerte, si sia adeguato in anticipo. Ci penserà Paolo Odone a sculacciare i reprobi, ma non è solo l'offerta ad essere cattiva. I prodotti fuori stagione, sia che vengano importati dall'emisfero sud, sia che vengano prodotti in serre idroponiche o normali, hanno un costo “naturalmente” elevato visto che corrono il rischio di non essere acquistati dalla gente che, sempre più numerosa, tende a cibarsi di prodotti di stagione e magari coltivati nei dintorni del luogo ove abita (quei prodotti “del territorio” che, pur con fatica, stanno tornando di moda).

Chi pretende di avere le fragole di bosco nel mese di gennaio può farsele mandare da chi le produce, se esiste, ma si tratta di una voglia di fragola arrivata fuori tempo e costosissima. Meglio non credere alla favoletta delle voglie, la signora si accontenti delle mele e delle pere, delle arance e dei mandarini, oppure dei carciofi. Se poi la voglia riguarda gli zucchini, allora è giusto che si paghino dieci euro al chilo, o di più se si vogliono con il fiore. D'inverno si sono sempre usate le zucche, vanno benissimo e sanno di zucca.

Possibile che non ci si accorga che certa roba sa di niente? Possibile che non ci si possa adattare ai cibi di stagione? E' pur vero che in tempi lontani i ricchi ostentavano il loro potere di acquisto anche per mezzo dei cibi rari, di primizie, di frutta esotica e di altre follie, ma perché dobbiamo scimmiottare solo le scemenze? Le pere e le mele, le arance e i mandarini sono buoni più di tanta frutta che, raccolta mesi orsono in paesi lontani, arriva qui con sapore di mediocre verdura.

Lo so che appena colti dalla pianta certi frutti sono deliziosi, ma quelli che arrivano al mercato hanno qualche decina di giorni e la fragranza se ne è andata. Un pomodoro comperato dall'ortolano in agosto, matura al punto giusto, sa di tomata, quando lo stesso pomodoro è stato raccolto semiacerbo e ha viaggiato per qualche giorno sembra un altro frutto, se poi è transgenico sembra non alterarsi mai, salvo presentare un interno nero fasciato da giallo sospetto. Non sarebbe meglio servirsi dalle conserve?

Ora ci sono ottime confezioni di pomidoro in scatola e anche di altre verdure, assolvono egregiamente al loro compito e non hanno la pretesa di competere con le verdure fresche. Possediamo frigoriferi e freezers, possiamo conservare molte cose che non si alterano troppo e adoperarle durante la stagione invernale (gli ingredienti per il minestrone, ad esempio, e i fagioli). D'inverno ci sono i cavoli, usiamoli in attesa che la stagione ci porti maggiori possibilità di scelta, ma lasciamo stare le stranezze, sono giustamente costose. Quanto all'auspicata punizione dei cattivi commercianti, pur riconoscendo che ci sono difficoltà oggettive e costi troppo elevati nella distribuzione, credo che la migliore punizione consista nel lasciare sul banco del reprobo la merce sana.

Giovanni Rebora – IL SECOLO XIX – 17/01/2002


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