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L'afa, i consigli e la saggezza degli avi |
Fa un gran caldo umido, c'è foschia sul mare e si suda tanto che tre o quattro minuti con la giacca ti riducono la camicia come un asciugamano di lino appena bagnato e il profumo che emani non è elegante. La città è tutta una chiappa di cemento e asfalto e il microclima è peggiorato di sicuro rispetto al passato, ma il caldo umido veniva anche nei tempi e nei secoli che furono quando da Sampierdarena in poi, verso ponente, la città era tutta sul mare. Gli uomini circolavano con il gilet di lana e il cappello in testa, le donne andavano al mare con certi costumi da bagno di lana che, una volta bagnati, pesavano dieci chili. Nessuno che non vivesse di rendita, godeva di ferie e l'orario di lavoro, era ben più lungo dell'attuale, per tutti.
Soffrivano, ma avevano ben altro di cui lamentarsi. Soffrivano il caldo e mangiavano secondo stagione: minestroni freddi, pomodori e insalate fresche, qualche pastasciutta con salsa di pomodoro o col pesto (anche se il basilico era ormai duro e forte). Chi racconta che la verdura era un cibo da poveri provi a mangiare stufato in questa stagione. Pare che la gente avesse una discreta conoscenza di se stessa e sapesse regolarsi anche d'estate che tra gli altri pregi è anche la stagione delle acciughe ed è il tempo in cui non si usa il riscaldamento (che è costoso) né si usano abiti pesanti. Con questo caldo un paio di braghe corte e una camicia se le possono permettere anche i poveri.
Ma ora abbiamo bisogno dei consigli dell'esperto, ora abbiamo chi ci indica questa o quella dieta come se non sentissimo da soli lo stimolo a rivolgerci piuttosto alla frutta fresca che alla Sacher, come se non fossimo in grado di capire da soli che le acciughe marinate sono più appetibili dei ravioli col sugo di carne, che un brasato al vino rosso è un buonissimo cibo autunnale, ma che ora è meglio la carne all'albese o il carpaccio, magari di pesce. Chi ha inventato prosciutto e melone? E i fichi? Un dietista? Gli spaghetti col sugo di muscoli e i muscoli aperti e spruzzati di olio e limone sono più che sufficienti e sono buonissimi. Vuol dire che diminuiremo la dose di vino, ma anche questo viene da sé: non c'è bisogno a' zingara per divinà. Invece il caldo occupa spazi lunghi alla televisione, le zingare (esperti) ci insegnano a mangiare, la gente cerca refrigerio ovunque ci sia acqua. Insomma abbiamo bisogno di tutori per fare ciò che i nostri nonni sapevano fare da soli, ed abbiamo bisogno di rituali consolatori televisivi perché, con tutto ciò che di grave avviene al mondo, noi ci sentiamo sofferenti. Noi che possiamo andarcene al mare o starcene in casa con le persiane abbassate, noi che affittiamo la sdraio e l'ombrellone pagando un affitto che un extracomunitario non può permettersi per una casa, noi abbiamo bisogno di essere considerati, abbiamo qualcosa di cui rammentarci e lo possiamo fare perché anche la televisione ci comprende e ci aiuta a superare i disagi dicendoci anche cosa dobbiamo mangiare.
Giovanni Rebora IL SECOLO XIX 24/06/2002
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