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Giovanni Rebora

C'è giustizia per i crostacei un po' meno per i buongustai


La giustizia, da noi, è rapida e severa, si sa. A distanza di appena un mese dalla denuncia, il pm di Savona ha fatto ritirare gli astici vivi dai banchi. Si trattava di maltrattamento agli animali. Gli astici in questione erano vivi e tenuti sul ghiaccio. E' possibile che soffrissero il freddo ed è altrettanto possibile che si possano mantenere gli astici vivi anche in una vasca con acqua marina; un acquario insomma come quelli in cui i ristoranti mantengono vive le aragoste e altri crostacei, con qualche pesce per ornamento (in attesa di cottura, anch'esso). L'impianto è costoso e la manutenzione delle stesso anche.

Lo so che il lavoro degli altri non ci affatica e per questo tentiamo di non pagarlo e so anche però, che se vogliamo ancora i crostacei dobbiamo pagare la nostra parte di spesa, sia per la manutenzione: i crostacei morti non servono; ciò non dipende dai gusti dipende dalla natura. Quanto all'attrezzo per stordirli non dovrebbe essere costosissimo visto che lo usano gli inglesi.

Forse, visto che la legge la fa lo Stato, si potrebbe andare incontro ai pescivendoli che vogliono attrezzarsi rinunciando ad una parte di Iva, forse potrebbe studiare il caso la Camera di commercio di Savona, intanto, per poi mettersi d'accordo con tutte le altre Camere interessate, perché Savona non è fuori dello stato e presto ciò che è accaduto laggiù dovrebbe accadere altrove.

Le Camere di commercio non sono più isolate e lavorano bene con competenza.

Vediamo di “metterci una pezza”, i discorsi della bioetica sono quasi sempre condivisibili e mi guardo bene dal maltrattamento: ho un cane cui tengo moltissimo.

Devo però riconoscere, da professore di Storia economica, che non mi sento di stravolgere l'economia del mondo e le abitudini alimentari di milioni di persone volgendo tutto in moralismo. Cosa diciamo agli allevatori (non solo di astici), ai pescatori, ai macellai, e poi cosa diciamo ai consumatori.

Già questi ultimi hanno visto sparire dai mercati una quantità enorme di beni perché “rendono poco” e si accontentano di ciò che passa il “mercato” che è globale sì, ma meno fornito di quando era locale.

Se vogliamo togliere loro ancora qualcosa stiamo attenti a non suscitare la loro ira: i consumatori sono un gregge fin troppo paziente, ma potrebbero ribellarsi.

C'è un movimento che da molti anni dedica grandi energie a queste cose, si tratta dello Slow Food del presidente Carlo Petrini, vediamo di parlarne e di trovare una strada percorribile perché la gente ha anche il “diritto di piacere”. Se ne parli insieme con le Camere di commercio, che sono attente a questi problemi, perché dobbiamo trattarli e se possibile risolverli da persone ragionevoli.

Giovanni Rebora – IL SECOLO XIX – 28/07/200


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