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Giovanni Rebora

Il genio del pesto

A Imperia, la festa di San Giovanni è stata dedicata all'olio, al vino e allo stoccafisso. Con una manifestazione da guinness dei primati e c'è stato anche breve, coinciso e ricco di spunti, un convegno che comunica e non stanza. A Prà, domenica 29, si assegnerà il mortaio d'oro al miglior pesto preparato da non professionisti. La manifestazione si ripete da anni e ha sempre un grande successo. I partecipanti sono tanti e la giuria è affiatata, così i giudizi collimano e siamo sempre sereni. Già, perché anch'io faccio parte della giuria e ne sono contento: il profumo del basilico non mi stanca mai.

E' ormai rato trovare un pesto fatto con mortaio e pestello; troppo spesso viene usato il frullatore elettrico, che scalda l'olio e rompe le cellule delle foglie con fuoriuscita di clorofilla, ma il mixer, con opportuni accorgimenti, può dare buoni risultati.

Per se stesso, o per la famiglia, ciascuno può fare il pesto come vuole: senza aglio sa fa il ballerino o il dentista, o con altri ingredienti secondo il suo gusto. Ma il ristoratore è invece tenuto a rispettare la ricetta abituale del pesto genovese e a proporre una salsa riconoscibile. Se il clienti ordinano gnocchi col pesto ( e non al pesto) desiderano riconoscere il sapore del pesto. Si dice col pesto, con il pomodoro, col ragù, e non al pesto, al qui o al là. Se dico col pesto significa che nel piatto ci deve essere il pesto, oppure altra salsa. Se dico al pesto mi si può proporre una pasta all'aroma di pesto, o altro. Capito?

Così veniamo a raccontare che la ricetta deve essere realizzata con ingredienti abituali, tutti riconoscibili, ma che insieme offrono un risultato inconfondibile. Il basilico deve essere adatto allo scopo (quello di Prà è il migliore di tutti), l'olio deve essere fine e non deve prevaricare i sapori: un pesto cattivo è quasi sempre prodotto con olio di scarso valore. Se si vuole risparmiare è meglio cambiare sala, gli ingredienti del pesto sono tutti relativamente costosi e ne basta uno inadeguato per rovinare tutto. Se il basilico deve essere genovese e l'olio deve essere fine e ligure, il resto viene da lontano: il parmigiano da Parma, il pecorino sardo dalla Sardegna, i pinoli dalla Toscana, il sale da qualche isola lontana.

Anche nel caso del pesto è stata l'intelligenza del cuoco a mettere insieme gli ingredienti e a dosarne le quantità. Il pesto non è nato dalla necessità, visto che è ed è sempre stato, discretamente costoso, ma è nato per condire la pasta anche nei giorni di magro, com'è accaduto per la salsa di pomodoro. Se dovremo difendere, come sarà giusto fare, il nostro basilico e il nostro olio, dovremo anche tentare di proteggere la ricetta che non è un prodotto agricolo, ma è un prodotto dell'ingegno.

Giovanni Rebora – IL SECOLO XIX – 22/06/2003


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