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Giovanni Rebora

Cioccolato da museo

Dal 3 agosto entrerà in vigore una legge che salvaguarda il “cioccolato puro”, quello fatto col cacao e con il burro di cacao. Insomma quello vero, inventato in Olanda e in Svizzera lavorato con impegno, appunto, svizzero. In un'altra occasione, quando l'Unione europea ci aveva rimproverato, per la nostra cattivissima mania di preferire il cioccolato buono, scrissi che già nell'Ottocento, in Inghilterra, si dovette ricorrere alla legge per arginare la produzione di cioccolato falso.

Visto che la Ue deve tutelare anche e soprattutto gli interessi dei gruppi potenti, che potrebbero “licenziare” tantissima gente che lavora chiudendo le proprie fabbriche di rumenta, visto che la rumenta sembra essere destinata a sfamare il “terzo mondo”, quello che si chiamava “in via di sviluppo” con un turpe eufemismo, noi ci mettiamo a fare i difficili? Possibile che noi non ci allineiamo con i cibi pessimi?

Noi, che siamo convinti della bontà della guerra che porta la democrazia, che crediamo fermamente in tutte le balle che ci racconta il governo Usa, quando ci propongono i cibi transgenici ci mettiamo a fare gli umanisti, a studiare la filologia e a dire che non siamo contenti! Ci hanno detto che se non vogliamo la polenta transgenica tendiamo ad affamare i popoli africani. Perché? Perché la polenta transgenica la dobbiamo piantare in Piemonte dove non esistono gli affamati? Mandatela in Africa, sfamate gli africani. O forse pensate che i piemontesi le sementi sospette le paghino comunque, mentre temete di non ricevere adeguato compenso dai poveri?

Chi scrive non ama la retorica dei grandi benefattori, né riesce ad amare quella degli oppositori che tentano scalate nella politica (si guadagna bene, meglio che a lavorare), ma adesso non si tratta più di polenta, cibo dei poveri a tutti i costi, qui ora si tratta di cioccolato. Durante la guerra e anche dopo, abbiamo avuto tanti surrogati del cioccolato, segno che si trattava di un cibo desiderato, voluto, ambito. Segno che il cioccolato era entrato da tempo nella nostra cultura e non volevamo farne a meno, ci mangiavamo quello dei surrogati, pazienza, le guerre portano anche di peggio. Ma appena finita la guerra le tavolette di cioccolato vero, o presunto tale, distribuite dalle truppe americane, ebbero un successo strepitoso, come il caffè di caffè spazzò via ogni surrogato inventato durante le “sanzioni” e la successiva guerra. Ora torna il “surrogato di cioccolato”, torna allo scopo di “sfamare” i poveri, quelli che consumerebbero tonnellate di cioccolato se costasse un poco meno. Per questo e per adeguarsi alle norme internazionali, il ministero ha fatto una legge che permette, a noi italiani, di fabbricarci il cioccolato vero, quello che si chiamerà “cioccolato puro”. Il ministro ha fatto del suo meglio, l'Ue impone e noi dobbiamo adeguarci e ripararci, magari con le etichette. Già, dovremo leggere l'etichetta con la dizione esatta, perché nelle altre tavolette di cioccolato, quello falso, potremmo trovare i grassi vegetali “permessi”, elencati in una etichetta in micrografia (per forza, date le dimensioni) che ostenteranno nomi come “burro di illipé”, sego del Borneo (tranquilli, pare che i tagliatori di teste non c'entrino), grasso di chores robusta, burro di karité e di cocum oppure di nocciolo di mango. Tutte cose che saranno scritte nella etichetta e che “chiariranno” ogni cosa al sospettoso consumatore, quello che sceglierà il cioccolato “economico”. Bene ragazzi, io telefonerò a Flavio Repetto, che credo non sia per niente preoccupato, e agli altri nostri bravi produttori, Do Mori, Romanengo, e tutti gli altri, bravissimi artigiani. Ma vedrò di impegnarmi nella realizzazione di una “bottega della cioccolata” con annesso piccolo museo, non si sa mai che, un giorno o l'altro, non capiti una scolaresca ignara del sapore vero del cioccolato.

Se le cose di Genova non lo impediranno, nascerà infatti un centro dedicato al cioccolato e nascerà nel centro storico. Sarà divertente dare a qualcuno, ormai aduso a tavolette finte, un cioccolatino vero, chissà se verrà apprezzato. A noi, dopo la guerra, il cioccolato vero parve migliore di quello finto.

Giovanni Rebora – IL SECOLO XIX – 23/07/2003


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