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Giovanni Rebora

Evanescenza dell'aglio in tv e permanenza dei giornali

Un giorno di alcuni anni fa, fui invitato a un convegno che si tenne a Vessalico sulle virtù e sulla storia dell'aglio. C'era Orazio Sappa e c'era Antonio Guerci, io ed un medico sapientissimo. Orazio e io parlammo dell'economia e della storia, ma Guerci sapeva tantissime cose sull'antropologia di oggi e di ieri relativa all'aglio. Sapeva che l'aglio non piaceva alle streghe, per esempio, e che era invece considerato, da molti altri, una sorta di panacea. Il medico ci raccontò di una gran quantità di virtù, tutte raccolte in un minuscolo spicchio, e concluse dicendo che se appare sconveniente emanare sentore di aglio, si può sempre convincere l'interlocutore a farne uso a sua volt: pari profumo = pari opportunità.

Un giorno di quest'ultimi, all'ora di pranzo, è apparso sullo schermo del televisore un signore dalla candida chioma di cui non conosco il nome (forse apparso per un secondo sotto la figura) che ha dichiarato urbis et orbis che l'aglio fa bene. Pare che lo abbiano stabilito due e tre scienziati americani oppure australiani, non posso ricordare bene, l'immagine fece subito posto ad un'altra che raccontava altre cose. Siccome la storia dell'aglio mi era nota e notissime le sue virtù, pensai che quei signori avevano ripetuto l'avvincente avventura che mena alla scoperta dell'acqua calda. Mi consolai pensando che, se lo dicono gli australiani o gli americani, andrà a finire che l'aglio non dovrà più subire gli attacchi dei politici. Ma intanto mi rammaricai di non poter fissare l'immagine e tanto meno le parole, così che l'informazione, pur di mio interesse, si è dissolta nel ricordo confuso delle notizie udite per caso.


Il presidente del Consiglio (nemico dell'aglio) pare che abbia detto che la carta stampata non ha futuro, che l'informazione sarà sempre più diffusa dai mezzi radio e televisivi e che, “quindi” i giornali saranno destinati a sparire (se non è stato così, mi scuso, l'ho sentita dire, in fretta). Spero che abbia parlato di un dato di fatto, riscontrabile purtroppo, ma che non abbia espresso un suo auspicio; pur comprendendo il suo interesse per la televisione, non si vede perché si debba sperare che la carta stampata vada scomparendo, la tivvù sarebbe forse sovrana, ma l'informazione ne soffrirebbe.


Scripta manent, e sulle cose scritte si può tornare per appuntare fonti e informazioni e per riflettere. La riflessione non ha premura, non si pensa in fretta quando si deve studiare. Si studia con il libro che permette di tornare alla pagina precedente, senza “digitare”; si prendono appunti “scritti” su un foglio e si segna il numero della pagina; si cita il numero e la data del giornale che ci ha fornito l'informazione e si possono chiedere altre informazioni, sia per approfondire sia per conoscere la fonte ed informarsi ancora. Insomma, se ho un foglio stampato posso muovere le mie critiche citando data e pagina. Lo so che la riflessione “fa perdere tempo” e che chi riflette può essere pericoloso, so anche che chi pensa troppo “non piace al re”, (salvo che non si tratti di “pensatori del re” come fu Quesnay, l'inventore della fisiocrazia), ma io preferisco le notizie che mi vengono date per iscritto: anche se non le ricevo oggi, le riceverò domani, pazienza, intanto io “povero untorello” non scardinerò nulla.


Ma la tecnica offre strumenti di vendetta: se il telefono si affanna a farci vedere anche la faccia di chi ci chiama, il fax ci impone di scrivere, di tornare o scrivere. Si era perduta la voglia di compilare una lettera, passavano due settimane in attesa di risposta e talvolta ne passavano di più, ora se scrivi a Tokio il tuo interlocutore può risponderti subito. Preferiamo tutti questo meraviglioso mezzo che non permette di ingannarci a vicenda con la scusa di aver “capito male”, già perché la e-mail ci riporta al vecchio scripta manent.

Auguri ottimisti.


Giovanni Rebora – IL SECOLO XIX – 10/01/2004




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