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GRANDE CUCINA

Pellegrino Artusi

1820 -1911


Di aprile non ti alleggerire,

Di maggio va' adagio,

Di giugno getta via lo cotticugno,

Ma non lo impegnare

Ché potrebbe abbisognare.

Vecchi proverbi, aneddoti e ricordi accompagnano spesso le ricette di Artusi.

La prefazione dell'Artusi

La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene

“con questo manuale pratico basta si sappia tenere un mestolo in mano" e chiunque può cucinare.

Ma La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene è molto di più di un manuale: le ricette sono infatti accompagnate da riflessioni e aneddoti e dal libro emerge un profilo della borghesia italiana dell'ottocento, vista da un suo attivo rappresentante ed estimatore.

All'Artusi va inoltre il merito di aver per primo valorizzato e fatto confluire le tradizioni culinarie regionali in una grande gastronomia nazionale.


La vita

Pellegrino Artusi nacque a Forlimpopoli il 4 agosto 1820, da Teresa Giunchi e Agostino.
Era il solo maschio fra sette sorelle.
Il padre, detto Buratèl, buratello, la piccola anguilla che schizza via veloce, aveva partecipato ai moti rivoluzionari del '31, e, come membro del Comitato di governo provvisorio, aveva pure firmato un proclama inneggiante alla libertà, all'unione e alla patria.
Il mestiere del padre, negoziante, permise a Pellegrino di viaggiare per ragioni di lavoro.
Dopo gli studi al Seminario di Bertinoro, studiò Lettere all'Università di Bologna e infine cominciò ad occuparsi degli affari paterni.
Il 25 gennaio 1851 Il Passatore fece un'incursione a Forlimpopoli e rubò anche in casa di Artusi, provocando danni irreparabili alla famiglia, non solo dal punto di vista economico: l'irruzione fu così paurosa e violenta, che una delle sorelle di Pellegrino, Gertrude, impazzì e finì in manicomio.

L'anno successivo la famiglia Artusi lasciò Forlimpopoli e si trasferì a Firenze e qui il giovane si dedicò all'attività commerciale con un certo successo. Guadagnò così bene da fondare a Firenze un Banco da lui stesso diretto, che accrebbe definitivamente la sua ricchezza.
Ciò gli permise di ritirarsi a vita privata per occuparsi delle sue passioni: la letteratura e la cucina.
Scrisse e pubblicò a sue spese:
«Vita di Ugo Foscolo, con note al carme dei Sepolcri e ristampa del Viaggio sentimentale di Yorick» del 1878,
«Le osservazioni in appendice a trenta lettere di Giuseppe Giusti», del 1881

La sua vita continuò tranquilla, tra amici, letture, esperimenti culinari e l'assistenza della cuoca toscana Marietta Sabatini e di quello forlivese Francesco Ruffilli, dedicandosi a scrivere un ricettario destinato a uno strepitoso successo perché utile in cucina e per il suo particolare stile narrativo, che unisce la bonomia emiliana all'arguzia toscana.

Nel 1991 pubblicò le prime 1000 copie di “la scienza in cucina e l'arte di mangiar bene", dedicandolo a Biancani e Sibillone, i suoi gatti, e lo distribuisce in regalo ai suoi amici, che non lo prendono troppo sul serio, considerandolo un capriccio di un ricco signore annoiato.
Invece in trent'anni l'"Artusi" era uno dei libri più letti dagli italiani e le edizioni giunsero a quota 32.

Artusi trascorse serenamente a Firenze gli ultimi anni della sua vita e qui morì novantunenne il 30 marzo 1911 e fu sepolto nel cimitero di San Miniato.
Tranne pochi lasciti alla servitù e ai parenti più stretti, lasciò la propria fortuna alla sua città natale, che lo ricorderà intitolandogli una via.


PELLEGRINO ARTUSI: il grande divulgatore



Convinto dell’eccellenza della cucina italiana, che in alcuni anni conferma di essere superiore a quella francese, Artusi nella sua opera vuole offrire al lettore una visione globale della cucina nazionale scegliendo tra quanto di meglio viene proposto dalle varie pratiche regionali, con una spiccata predilezione per quella toscana e bolognese.
L'ESPERIENZA AI FORNELLI
In questa complessa operazione di collage egli si avvale di molteplici fonti sia letterarie sia popolari, ma soprattutto dell’esperienza diretta vissuta davanti ai fornelli della sua cucina. Ciò che rende unico questo testo nel panorama della letteratura gastronomica italiana e che spiega il suo enorme successo di pubblico è il tono bonario e confidenziale con il quale tutta la materia viene narrata, sovente, scherzoso e ammiccante, sempre in bilico tra realtà e fantasia ma sempre linguisticamente corretto e facilmente comprensibile, e quel suo raccontare piuttosto che spiegare le ricette arricchendole con aneddoti, note personali, storielle, facezie, ma soprattutto con utili dettagli di storia e di costume, consigli di pratica culinaria, osservazioni di igiene e dietetica.
Questo ricettario si trasforma in tal modo, a opera di questo pacioso anziano signore che non rinuncia alle proprie velleità letterarie, che traspaiono sovente tra le righe, in una piacevole e a volte amena lettura istruttiva e interessante, testo fondamentale che ogni brava madre di famiglia tramandava alla propria figlia, nel quale è bandita l’usuale terminologia francesizzante a vantaggio di un linguaggio maturo e compiuto, talvolta estremamente prolisso o scarsamente tecnico, proprio perché l’autore manca di una rigorosa base professionale, ma sempre informato e documentato.
sta in: http://www.cooplombardia.it/quale_consumo/alimentazione/index02.html