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CINEMA

"Le elezioni? Solo una grande illusione"

"Le elezioni in Iran? Sono soltanto una grande illusione, un grande fraintendimento". Parola di Babak Payani, regista iraniano che porta in Italia (da venerdì) il suo ultimo e censuratissimo film, Silenzio tra due pensieri, piccolo ma potente apologo sulla follia degli integralismi religiosi, in questo caso l’Islam e il suo accanimento contro le donne, vittime per eccellenza di ogni credo religioso. Tanto per chiarire subito i rapporti che intercorrono tra il regista e il governo di Teheran, basta dire che due anni fa Payani è stato arrestato e l’intero "girato" del suo film sequestrato. Il negativo originale di Silenzio tra due pensieri, infatti, è ancora sotto chiave negli uffici della polizia di Teheran, quella che vedremo nelle nostre sale è giusto una "versione di fortuna", la versione in digitale che il regista è riuscito a mettere in salvo inviandola a Roma all’amico e montatore Babak Karimi, senza la quale oggi il suo film non esisterebbe.

In che senso ritiene un’illusione le elezioni nel suo paese?

Gli unici cambiamenti che ci sono stati in Iran sono stati in peggio. Sono aumentati gli atteggiamenti autoritari da parte del governo. E il mio caso è emblematico. Figurarsi che quando ho chiesto a chi mi interrogava se aveva visto il mio film, mi ha risposto che non c’era bisogno. Eppure io non mi sento un regista impegnato politicamente. Osservo e basta. E quello che vedo è un paese in cui c’è una profonda spaccatura tra quello che è il processo avviato da Khatami e il resto della società. Una società giovane, forte, attiva, multietnica e multiculturale che sta tirando dritta sulla sua strada, al di là di quello che è il vecchio sistema.

Una "contraddizione" che già aveva raccontato nel suo film precedente, "Il voto è segreto" in cui ironizzava proprio sulle elezioni "portate" in un Iran desolato e semideserto, da una presidente di seggio donna e da un militare armato...

E già, mi sembra persino di essere stato un veggente. Senza criticare, infatti, è come se avessi anticipato quello che sta accadendo oggi nel mio paese. A differenza di molti miei colleghi che hanno confidato nella politica di Khatami, io, invece, non ho mai creduto che l’Iran andasse verso la democrazia. Ed è stata questa convinzione che ho preso in giro ne Il voto è segreto, dove ho rappresentato la "portatrice sana di democrazia", la donna quasi naive con la sua fede assoluta nelle elezioni che batte in lungo e in largo il paese per far votare la popolazione ignara, ma che è accompagnata da un militare. Una contraddizione in termini, insomma. Un’urna elettorale portata con le armi non può che ottenere scarsi risultati. Così più che un’urna diventa materiale esplosivo.

Il pensiero, insomma, corre all’Iraq. Di fronte al quale la considerazione su come il concetto di "democrazia" possa variare da latitudine a latitudine sembra ancora più evidente ...

Io faccio il regista e non sono un politico, ma ritengo che spesso come sta accadendo nel mio paese, il problema stia tutto nell’imposizione autoritaria di "concetti" che non appartengono a certe culture e che inevitabilmente portano a delle aberrazioni. Così come ho raccontato ne i miei film. In quest’ultimo in particolare, in cui si descrive il paradosso di una donna condannata a morte ma risparmiata dal boia perché vergine. Secondo la religione le vergini vanno in paradiso, per cui il rappresentante religioso del villaggio impone al boia di sposarla per poi poter portare a termine l’esecuzione. Ecco, la religione impone l’ubbidienza cieca, eppure il protagonista sceglierà la via del dubbio, quella cioè che, secondo il regista, segnerà la fine dell’era degli integralismi e degli odii.

Intervista di Gabriella Gallozzi – L’UNITA’ – 14/06/2005

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