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Peter Weir, un gladiatore sull'oceano |
E' uno dei più eclettici e meno prolifici registi di Hollywood, forse perché è a Hollywood, come dire? In prestito. E' il regista australiano Peter Weir, autore di film di genere diversissimo come, L'ultima onda, L'attimo fuggente, Green Card, The Truman Show. Ora, dpo cinque anni di assenza dal set, torna con Master & Commander, the far side of the world, film che vede protagonista Russell Crowe e che è annunciato come uno dei primi in uscita candidati alla corsa per l'Oscar del 2004 (arriverà nelle sale italiane il 19 dicembre). Master & Commander nasce da una serie di libri, i venti romanzi ambientati all'inizio dell'800 che Patrick O'Brian ha dedicato al capitano della Marina reale britannica Jack Aubrey. Non è una pellicola di genere o meglio, come spesso accade per i film di Weir, è una pellicola contaminata da più generi: è un po' film storico, un po' film d'azione, un po' viaggio dell'uomo alla scoperta del mondo, di se stesso, della società di cui fa parte. E' un film che racconta il sempre difficile e affascinante rapporto fra l'uomo e il mare. Da dove nasce questa storia di uomini sull'oceano? Per un po' di tempo è stata la mia ossessione. C'è stato un lungo periodo, diciamo dagli anni trenta ai sessanta, da Capitani Coraggiosi a Ponte di Comando, in cui il mare è stato un vero protagonista del cinema. Ci sono state pietre miliari, capitan Blood, i Bounty movies. Avevo una passione per quelle atmosfere, i ponti, gli ammiragli, le merci da caricare, una graziosa scarpa femminile lambita dall'acqua. Mi è venuta voglia di rinfrescare un genere ormai passato di moda. Una voglia nata con un regalo. Che regalo? Quando ho finito di girare The Truman Show il mio assistente è venuto da me e mi ha ha chiesto: La produzione vuole farti un regalo, cosa vorresti?. Ho risposto che avevo letto i romanzi di Patrick O'Brian sulla Marina Britannica, in edizione tascabile, in edizione tascabile, e che mi sarebbe piaciuta avere la prima edizione rilegata. Così è stato, la Paramount mi ha fatto avere tutti e venti i romanzi e io li ho riletti ed ho deciso di farci un film. E' stata una folgorazione dopo un periodo frustrante. Perché? Perché era molto tempo che vagliavo progetti e copioni senza trovare nulla di veramente entusiasmante. Da Hollywood mi hanno mandato un sacco di spazzatura, brutte sceneggiature. Forse è colpa mia: qualche volta immagino me stesso come una balena che deve ingurgitare così tanto plancton per arrivare ad ottenere un solo pasto. Spesso viene da chiedersi perché le balene non mangino qualcosa di più grosso. Master & Commander è un film di uomini che non ammicca al pubblico mashile, non c'è nessun personaggio femminile, nessun cattivo. E' stata una scommessa, ci siamo chiesti se avrebbe potuto funzionare e abbiamo deciso di provare. Forse questo film non scalerà le vette della classifica, mi stupirei di più se si rivelasse un campione d'incassi. Forse non piacerà a tutti, ma sono certo che non sarà un fiasco. Se andrà bene ci sarà un sequel? E' probabile. La storia si presta. Quel che è certo è che non lo girerò io. Non ho mai fatto un sequel e ho già detto tutto quello che volevo dire sull'argomento con questa pellicola. Russell Crowe è diventato una star internazionale facendo il Gladiatore. Che attore è, sul set? Imprevedibile. E' questa la sua maggiore dote d'attore, è come se ti trasmettesse un senso di pericolo che è il risultato del suo essere imprevedibile. Non puoi mai sapere che cosa farà dirà. Per un attore è una qualità favolosa, una qualità indispensabile per un film. Perché è proprio la prevedibilità la morte del cinema. Il cinema muore quando sappiamo esattamente cosa sta per succedere e come reagirà il protagonista. Sta dicendo che non segue un copione e non lo fa seguire ai suoi attori? Diciamo che lascio ampio margine di manovra e che non amo le prove, non faccio mai prove. Molti registi e molti attori le ritengono indispensabili. Spesso per gli attori è fonte di frustrazione il fatto che io non voglia fare prove. Affittano una stanza, applicano del nastro adesivo al pavimento, e dicono: Là c'è la cabina del comandante, qui il ponte. Non mi piace. Io devo avere la vera nave, i vestiti e l'atmosfera. E' dall'ambiente che traggo ispirazione. Anche quando si è trattato di scrivere la sceneggiatura mi sono circondato di oggetti dell'epoca, mappe, spade, clessidre, sestanti. Erano gli oggetti di cui parlava il romanzo ed erano fonte di ispirazione. Parte del film è stato girato alle Isole Galapagos. Documentari a parte si tratta del primo film girato nell'arcipelago del Pacifico. E' stato difficile? Ci sono voluti nove mesi di negoziazioni diplomatiche. Pensavo che non ci saremmo riusciti, invece alla fine è arrivato il permesso ed è stato fantastico girare in mezzo a quella natura incontaminata. E' stato come finire in un mondo nuovo. C'è un messaggio ambientalista? Un messaggio ambientalista e un messaggio di pace. Nelle situazioni estreme come può essere quella di un vascello in pericolo o una guerra, quella in Iraq per esempio, la gente, un equipaggio, un popolo trova se stesso nella comunità, nella solidarietà reciproca. C'è più senso di fratellanza di quanta non ce ne sarebbe in tempo di pace. Nel tempo in cui giravamo Master & Commander mi capitava una cosa strana, tutto il giorno sul set sentivo il rombare cannoni poi accendevo la televisione e sentivo gli stessi suoni, vedevo i carri armati avanzare nel deserto. La guerra andava avanti, la guerra va avanti da migliaia di anni, sembra connaturata all'uomo. La cosa che mi indigna di più è che nell'era della comunicazione, quando in tempo reale le notizie raggiungono ogni angolo del mondo, in realtà ciò che ci giunge sono informazioni distorte, plasmate, addomesticate. Intervista di Francesca Gentile L'UNITA' 02/12/2003 |
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