Contessa
non è una canzone, è uno scoglio fisso,
inevitabile, nel gran mare delle emozioni che il cantautorato
militante ha offerto in questi decenni a qualche milione di brave
persone per le quali libertà, uguaglianza e democrazia
fanno rima con le bandiere rosse. Compagni dai campi e
dalle officine, Se il vento fischiava ora fischia più
forte le idee di rivolta non sono mai morte: parole e
musica di Paolo Pietrangeli che se uno lo guarda bene è
più Bobo dello stesso Staino. Grande e grosso,
barbuto, mite e gentile, una schiena che lo tormenta, timido,
dice di sé, e in crisi ogni volta che salgo su un
palco. Però la timidezza deve passargli in fretta
perché sincazza forte cantando e ogni volta che
canta ritrova intatta la rabbia, la voglia di non cedere, la
fede in quel che possiamo fare quando siamo in tanti
e anche da soli per cambiare le cose. Un compagno, come Fausto
Amodei, come Ivan Della Mea, come Giovanna Marini, come Gualtiero
Bertelli: finché ci sono loro, la nostra vita è più
bella. Ha fatto un disco nuovo dopo qualche anno di silenzio e
lha intitolato Ignazio. Cè dietro
tutta una storia semi incomprensibile che ha che fare con parenti
lontani nel tempo e che non centra con i pezzi incisi.
Fermi tutti: se qualcuno, ricordando «Contessa»,
pensa che Paolo sia il prototipo del «militante severo»
su cui scherza Guccini è fuori strada. Pietrangeli è
un poeta, i suoi nessi sono spesso sepolti, le parole sono ora
pietre ora pezzi di un Lego impazzito, la sua coordinazione non è
frutto di un programma ma di una casuale congiuntura di
circostanze che miracolosamente si ripete ogni volta che ne ha
bisogno. E ride di gusto. È una condanna, Paolo, ma
si parte sempre da lì, da Contessa... Avevo
ventanni, più o meno. E sai dove lho scritta?
Chiuso in casa perché i miei non mi permettevano di
dormire fuori. Gli altri compagni erano di qui e di là con
le occupazioni e io niente. Chitarra e solitudine... Incredibile:
così, quellinno mai smesso dal Movimento dei
Movimenti è il frutto di una claustrofobia puberale,
lurlo dai campi e dalle officine non nasce
dalla testa di un corteo di compagni arrabbiati e felici ma dal
chiuso di una stanza che limitava la libertà... Così
è. Ma poi quel pezzo non è nato come lo si sente
oggi, ha subito modifiche e assestamenti in corso dopera,
lhanno cambiata luso, labuso e, in generale,
gli altri, quelli che lhanno cantata. Pochi sanno che
lautore di Karlmarxstrasse e di
Contessa non è un duro militante
leninista ma un poeta libertario e anarchiste»che
a tratti ricorda Brassens e le intimità tragiche e giocose
di Jannacci...Qualcuno si sorprenderà ascoltando questo
disco: la atmosfere sguazzano spesso nel paradossale, le armonie
vengono violentate, il tuo ermetismo è diventato una
trivella che buca il non senso mentre ti diverti, in
controtendenza, ancora con una ricerca quasi infantile di
rime... Ah, le rime. Quanto mi piacciono. È vero:
le cerco a qualunque costo, mi lascio trascinare, è una
perversione che mi permette di dare alle strofe, alle parole una
dimensione in più, quella del gioco, senza ferire il
senso; le parole sono gentili se le usi così, sono il
contraltare perfetto della tragedia... Infatti, in alcuni
tuoi nuovi brani cè aria di situazioni senza
speranza, soprattutto quando lispirazione simmerge
nel privato, in vicende casalinghe o amorose... È
vero, ma vacci piano. Cè dellaltro. Per
esempio, Il ministero... Cito:
La polverina al ministero non si spolvera davvero...Meno
tasse più ragasse meno lacci più condoni...al
ministero dellistruzione arriva solo un po di
metadone...Non son nero e non son gay e mi faccio i cazzi
miei...La droga più pesante la droga più letale che
ammazza il fante e esalta il generale.... È vero,
siamo tornati a casa grazie a una filastrocca che spupazza
governo e maggioranza... Basta affondare le mani in quel
che offre oggi il convento. È terribile, ma forse una
volta toccato il fondo si risale. Solo che oggi è tutto
più difficile anche per la sinistra che ha buttato via
molto del suo bagaglio. Questo pensiero mi danna: perché
non ci siamo tenuti ciò che di buono avevamo fatto, perché
qualcosa di buono eravamo stati e lo avevamo
fatto... Nostalgia? Niente nostalgia, davvero: non
ci si può permettere di perdere tempo con lalbum del
passato. Io, del resto, forse sto invecchiando: allinizio,
con le mie canzoni avevo la sensazione di precorrere i tempi, poi
sono passato a una fase in cui stavo alla pari, infine, ho il
sospetto di far fatica a star dietro a ciò che succede.
Devo capire e capire e capire...E mentre lavoro a questo, devo
fare... Una disciplina morale che sta anche nei testi di
questo bel disco. Ti muovi nelle rovine dellItalia e del
privato, non ti appoggi più alle piazze che
sembravano ragazze tutte quante infiocchettate, le bandiere rosse
alzate, non hai più alcun fondale amico,
eppure...sta a vedere che anche tu hai fede... Chiamala
così. Io non credo in divinità e aldilà a
differenza di tanti altri. Ma forse è fede la certezza che
cè solo una risposta: fare come se avessi sempre il
mondo appresso, e comunque fare, muovere se stessi e le cose
attorno a noi. Infondo, ora che il campo è stato sgombrato
dalle ideologie e dalle speranze di un mondo migliore, siamo in
un buon punto per ricominciare a costruire la speranza, sapendo
che tutto dipende dalle nostre azioni. Insomma, io resto in
piedi... Sì questo lo capisco: limportante,
intanto, è non abbassarsi quanto serve alla verifica del
tuo detto: La lingua batte dove il culo duole
strappato allo stilnovista brano Leccami il
culo... (ride) Lo sapevo che finiva così.
Qualcuno me lha anche detto: Paolo fa qualcosa che si possa
canticchiare sennò...Niente, stavolta non lo voglio fare.
Niente consolazione, niente sconti, il presente è quello
che è: guardiamolo negli occhi per fargli capire che non
abbiamo paura di lui.
Intervista di Toni Jop
L'UNITA' 30/09/2005
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