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Pino Daniele. Non ho attaccato Renzo Piano |
Pino Daniele è furioso. L'uscita del suo album Passi d'autore, da oggi nei negozi, è stata accompagnata da un suo presunto attacco a Renzo piano, architetto dell'Auditorium di Roma. Non è vero niente, stimo Piano e il suo lavoro. Ho posto soltanto dei rilievi all'acustica dell'auditorium, come aveva già fatto anche Ivano Fossati. Sono passate 24 ore dall'incidente diplomatico e Daniele non è artista da accettare di essere frainteso. Del resto, Passi d'autore è un disco di ottima musica, con uno spettro di generi molto ampio: dal jazz di Django Reinhardt, con la trasposizione della sua celebre Nuages, alle matrici madrigalistiche di Ali di cera e Gli stessi sguardi, sino alla bossanova di Pigro e alla coralità di Arriverà l'aurora o Dammi una seconda vita. E dove la ricchezza espressiva è molto forte: da La mia casa sei tu a Sofia sulle note. Un album che sarà in tour dal 5 maggio a Bologna al 3 giugno, Milano, per dieci sere. Daniele, se la prende con un'icona genovese come Piano? Assolutamente no, io certe cose non le ho mai dette. Non vorrei che fosse stato tutto un pretesto per attaccare Piano, invece. Però l'Auditorium suona male, o no? Suona male, è vero, cosa devo dire? Sono un perfezionista, è il mio carattere, quando suono la mia musica ho i miei criteri. E io mi preoccupo solo di come suona la mia musica. Un posto dove invece suona bene? Certamente il Carlo Felice. Mi ci sono trovato benissimo. Lei, però, è un bel provocatore. In Arriverà l'aurora cita ulivo e margherita, poi esclude di parlare di politica. Infatti, parlo di fiori e alberi. Poi uno ci vede quello che vuole. Vorrà dire che la prossima volta scriverò una canzone su una fiamma tricolore. Bravo, così si ricomincia con le provocazioni... Allora vorrà dire che ne scriverò una su Berlusconi, va meglio? Magari in milanese: lui scrive canzoni in napoletano? E io gli rispondo nel suo dialetto: Fra l'altro i milanesi mi piacciono: c'è Carlo Fava, scuola Gaber, ch'è bravissimo. Poi stimo da sempre Roberto Vecchioni. Voi genovesi avete Ivano fossati, ma lui è su un altro piano... Perché è su un altro piano? Perché è un grande artista. L'ho sempre pensato, e continuo a dirlo. Sarà anche perché mi piace la scuola genovese, quella di Gino Paoli e Luigi Tenco... Città marinare come Genova e Napoli, poeticamente, hanno una marcia in più? Non arrivo a dire questo, perché altrimenti non ci si spiega Vasco Rossi, ch'è di Zocca, eppure è il numero uno da anni. O, sono gli uomini a fare le differenze. Con i loro problemi, le loro nostalgie, le loro speranze. Però è anche vero che io sono piuttosto marino, che sono affascinato dalle etnie, e che alla fine le mie radici si sentono. Comprese quelle mediorientali, arabe? Specialmente quelle. Mi rendo conto che oggi la tensione fra occidente e quei paesi è altissima. E che l'11 settembre ha vanificato anni di riavvicinamento. E' un momento difficile per capirsi, ma almeno fra artisti, musicisti, le diffidenze non devono esistere. Ci mancherebbe pure questa. Ed è questa tensione a ispirare le sue canzoni più intimiste, come Sofia sulle note, dedicata a sua figlia' Nelle parole di una canzone non c'è mai un solo impulso, una sola motivazione. C'è tutto quello che pensa l'uomo che le scrive... E' un autoritratto che vale anche per i suoi figli? Credo di sì, però loro ascoltando la mia musica ci sono cresciuti. Fa parte del loro orizzonte. E' un suono che appartiene alla loro conoscenza. Intervista di Renato Tortarolo IL SECOLO XIX 22/04/2004 Altre interviste: |
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