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Placebo, in memoria della disco music |
Per uno di quegli imprevedibili motivi che alla fine rendono così interessante il mondo del rock, soltanto da poco Sleeping With Ghosts, il quarto e intenso album dei Placebo, si è affacciato nelle classifiche italiane. A renderlo più appetibile ora c'è anche un bonus cd con dieci cover, alcune delle quali gettano una luce un po' folle sull'immagine inquietante e misteriosa della band inglese. Ne parla Brian Molko, occhi azzurri nascosti da occhiali neri, carismatico cantante del trio formato anche da Stefan Olsdal e Steve Hewitt. Come mai avete cambiato il vostro suono mescolando moderna elettronica e classica strumentazione rock? Nel 1994, quando io e Stefan abbiamo cominciato a scrivere delle canzoni nel soggiorno di casa, tutto quello che avevamo era una chitarra, un basso, una tastiera sgangherata e degli strumenti giocattolo. Questi limiti hanno dato vita in un certo senso alla matrice della musica dei Placebo, che è punk con uso di elettronica. Abbiamo cercato di esplorare queste due componenti con risultati alterni nei nostri primi tre album. Al momento di registrare il quarto, ci siamo resi conto che se non avessimo fatto un passo avanti avremmo rischiato di ripeterci. Per questo abbiamo deciso di lavorare con un produttore come Jim Abbiss, il cui pedigree parla da solo; Massive Attack, Björk, Sneaker Pimp e soprattutto DJ Shadow, di cui siamo fans appassionati. Questo desiderio di lavorare con qualcuno che provenisse dal mondo dell'elettronica nasce dalla nostra ossessione di essere un gruppo rock moderno. Vogliamo creare un suono che sia attuale, contemporaneo, in assoluta sintonia con l'oggi. Pensiamo che l'unico modo di far questo, al contrario di molte band che ricreano lo stile in voga negli anni '70, sia conciliare l'hip-hop e l'elettronica con il rock'n'roll. E siccome il nostro terzo disco era in pratica autoprodotto, abbiamo voluto qualcuno che venisse dall'esterno e ci costringesse a non essere pigri. Tu non vuoi essere considerato un leader neppure all'interno del gruppo. I Placebo sono una democrazia. Adottiamo dei principi socialisti, quando dobbiamo prendere delle decisioni e dobbiamo occuparci degli affari. Non mi considero il leader dei Placebo e d'altra parte Stefan e Steve non mi lascerebbero fare (ride). Non mi interessa caricare sulle mie spalle tutto il peso della gestione del gruppo. Voglio stare in una rock band con i miei amici e divertirmi. Siamo una piccola gang che gira il mondo. Alla fine, però, è naturale che il tuo atteggiamento ti faccia essere un modello per i ragazzi che vi seguono. Faccio del mio meglio per mantenere una salutare distanza da questo tipo di situazione. Cerco semplicemente di esprimere quello che sento nell'anima. E' una cosa molto personale e non so,come le altre persone possono interpretarla. Non posso essere responsabile per come gli altri mi vedono. Non è quello che sono nella vita di tutti i giorni. E' un'immagine? Per loro. Non per me. Io sono semplicemente me stesso. Nella nuova edizione del disco c'è un cd aggiunto con una raccolta di versioni abbastanza curiose di brani di altri gruppi. Nessuna delle cover è stata realizzata apposta per questo cd. Sono state registrate nell'arco di otto anni per una serie di motivi: alcune erano facciate B, altre erano destinate a dischi tributo, altre per delle colonne sonore, altre le abbiamo incise solo per divertimento. Sono canzoni che hanno avuto un significato speciale per noi quando eravamo adolescenti. Chi ha scelto Daddy Cool dei Boney M? L'abbiamo registrata per la figlia di Steve come regalo di compleanno. Per noi che eravamo bambini negli anni '80 l'ambiente sonoro era la disco music. Quando da piccolo sentivo i Boney M mi veniva subito voglia di ballare. E poi ci piace un sacco l'idea di fare qualcosa che nessuno si aspetta da noi. Intervista di Giancarlo Susanna L'UNITA' 05/10/2003 |
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