In quanto a longevità
possono sfidare i Rolling Stones. Anche se la loro musica è
molto meno rock e molto più leggera. Nazional-popolare per
eccellenza, romantica e melodica, talvolta in eccedenza di
zucchero e buoni sentimenti. Piacciano o meno, i Pooh sono
comunque un fenomeno. Bersagliati dalla critica e adorati dal
pubblico, da una vita sulla cresta dellonda, con vagonate
di dischi venduti, tour in perenne sold out e tante canzoni
entrate di diritto nella storia dellitalico costume. Molte
le ritroviamo nel doppio antologico La grande festa, titolo che
anticipa le celebrazioni del 2006, quando la band festeggerà
i suoi primi quarantanni di carriera. Ne abbiamo parlato
con Roby Facchinetti, voce e tastiere dellimmarcescibile
ensemble.
Ok,
ci arrendiamo. Siete indistruttibili: ma come avete fatto?
Una
questione dalchimia. Siamo quattro personalità,
anche piuttosto diverse, che inspiegabilmente riescono a
incastrarsi benissimo insieme. Ma ci vuole altro: una sorta di
spirito di corpo, che ti fa rinunciare allindividualismo
più sfrenato. E, poi, ci siamo ritagliati ruoli ben
definiti e importanti: ognuno di noi ha delle responsabilità,
ma diverse. Così si evitano competizione, invidie e
sovrapposizioni.
Ormai,
come cantavano Wess e Dori Ghezzi, sarete un corpo e
unanima...
Be,
sì. Mi viene da ridere quando mi chiedono se fra noi siamo
amici. Ma come fai a chiamare amici persone con cui hai condiviso
quarantanni di vita e con cui stai più che con tua
moglie o la tua famiglia? È qualcosa che va al di là,
è una conoscenza profonda, quasi devastante. Siamo in
quattro ma è come se fossimo uno.
Un
idillio, praticamente. Mai avuti screzi?
Ma
sì, a turno abbiamo avuto le nostre crisi personali, ma lo
spirito di gruppo ci ha sempre salvato. Cè stato un
solo momento, anni fa, che abbiamo rischiato davvero di
separarci. E proprio perché stavamo rompendo quel magico
equilibrio: nella nostra storia avevamo sempre deciso
collegialmente, trovando un accordo comune. Quella volta, invece,
per scelte della maggioranza, ci siamo trovati tre contro uno in
varie occasioni. E stavamo mandando a monte tutto. La musica,
come sempre, ha rimesso in moto gli entusiasmi, ridandoci quello
che avevamo perso. Non a caso dopo abbiamo pubblicato un cd
intitolato Amici per sempre. Però una lezione labbiamo
imparata: i sentimenti di ognuno restano la cosa più
importante, anche più del volere della maggioranza.
Evidentemente
funziona, dato che siete sulle breccia da sempre. I critici,
però, vi hanno bastonato duro...
Fa
parte del gioco. Dicano tutto quello che vogliono, ma in Italia
non cè e non credo ci sarà mai più una
band come la nostra. E anche al mondo vedo pochi esempi, forse
solo i Rolling Stones, con rispetto parlando. Comunque noi
abbiamo inciso 33 album inediti e, inclusi i singoli, abbiamo
venduto 23 milioni di dischi. Siamo stati i primi in Italia ad
avere il coraggio di reinvestire nel nostro lavoro, allestendo
tour costosissimi. Abbiamo capito che non bastavano più
amplificatore e chitarra, dovevamo aggiornarci. Siamo stati i
primi a usare il laser e il fairlight, persino a incidere su cd.
Vi
sentite sottostimati?
Ovvio
che non puoi piacere a tutti, ma è brutto quando incontri
prevenzione e scarsa conoscenza. E vero, la nostra musica è
molto popolare, ma cè un lato che viene
misconosciuto. Insomma, non siamo solo quelli di Tanta voglia di
lei o Pensiero. Nel 73 abbiamo pubblicato Parsifal, che
viene riconosciuta come una pietra miliare di certo progressive.
Nel 76 in Poohlover parlavamo di omosessualità e
prostituzione, argomenti tabù per il pop di quegli anni,
mentre in Oasi, del 1988, raccontavamo lemarginazione degli
immigrati africani nel nostro paese. Anche nel sociale abbiamo
precorso i tempi: già 15 anni fa sostenevamo il Wwf e
parlavamo decologia. Con Rock No War, abbiamo aperto 13
parchi giochi nel Kossovo. Poi abbiamo contribuito a costruire
una scuola professionale in Madagascar per i bambini di un
lebbrosario. Tutti progetti con un inizio e una fine. Concreti.
Ci
hai quasi convinto. Ma sinceramente: non vi siete ancora stufati
di cantare Non restare chiuso qui... ecc. ecc.?
Può
capitare la volta che sei stanco e scoglionato, e avresti voglia
di andare a letto, ma quando migliaia di persone ti rispondono in
coro Pensiero!, che vuoi che ti dica? Sento sempre
ladrenalina che va a mille. E ogni sera è come se
fosse la prima.
Un
po retorico, eh?
Ma
è la verità. Se non ci fossero grande passione,
voglia di suonare e amore per quello che facciamo, perché
andremmo avanti? Potevamo benissimo smettere ventanni fa e
vivere alla grande con le nostre famiglie. Invece no. Finché
ci saranno feeling, emozione e sintonia non molleremo.
Voi
che venite dagli anni 60, non vi sentite spersi nellera
dei telefonini e degli mp3?
A
volte sì. Vedo le nuove generazioni sottoposte a una marea
di input e mi viene da pensare che la canzone non avrà
futuro: la musica ancora li attrae, ma la soglia dattenzione
è minore. Chi si mette più lì seduto ad
ascoltare un disco? Oggi si arriva al paradosso che i ragazzi
scaricano più la soneria per il cellulare che il brano
stesso. In controtendenza fa piacere lincremento
dinteresse per il live. Non so, è come se
inconsciamente fosse scattata nel pubblico una scintilla: andiamo
a vedere i Pooh, perché sono qualcosa di unico e
irripetibile. E, forse, sarà lultima occasione.
Toccando ferro, naturalmente.
Scoop!
Vuoi dire che pensate di smettere?
Non
ancora. Ogni tanto sembra arrivi il momento giusto, poi ecco
altri stimoli, altre emozioni. Del resto è dura tirare i
remi in barca quando hai la sensazione che tutto sembra sia dalla
tua parte. Una sensazione che dura ormai da quarantanni.
Intervista
di Diego Perugini LUNITA 21/11/2005
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