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MUSICA

Radiodervish sul tappeto volante

Cosa chiedere a un musicista se non che sia sempre capace di sorprenderci? Dai Radiodervish potevamo attenderci qualcosa che confermasse il loro talento, ma In Search Of Simurgh, pubblicato con una splendida veste grafica dall'etichetta discografica del Manifesto, va oltre ogni più rosea aspettativa. Ispirandosi a La conferenza degli uccelli, un poema del XII secolo del poeta persiano Farid ad-din Attar, i Radiodervish hanno realizzato un piccolo e prezioso capolavoro, ribadendo in modo esplicito che è dalla conoscenza reciproca che nascono la concordia e la pace. Ne abbiamo parlato con Michele Lobaccaro, che con Nabil Salameh è il cuore del progetto Radiodervish.

Come vi è venuta l'idea di costruire il nuovo disco partendo da “La conferenza degli uccelli”?

Avevamo voglia, dopo Centro del mundo, di fare un disco che non fosse di canzoni o almeno di prenderci una pausa prima di affrontarne un altro, volevamo lavorare a un progetto speciale, in cui si potesse fare musica rispettando delle regole più aperte. Per fare questo stavamo cercando qualcosa che fosse un soggetto intorno al quale far ruotare la musica. Volevamo comporre una musica descrittiva, che sapesse evocare dalle immagini senza per forza preoccuparci di fare a pezzi cantati. Mi è capitato attraverso varie letture di arrivare a un libro in cui c'era una nota a pié di pagina con un riferimento a La conferenza degli uccelli. Nella nota c'era anche un riassunto della trama e il racconto ci è piaciuto parecchio. Alcuni l'hanno paragonato alla Divina Commedia di Dante ed è un libro molto ricco, sia per la trama sia per come è scritto.

Avete corso ed evitato il rischio del cosiddetto “album concept”, che specialmente negli anni '70 è stato un segno di grande presunzione da parte di molti gruppi.

Se fosse stato fatto in quegli anni lo avrebbero chiamato tranquillamente così. Vista la materia, sia sonora che creativa, a me piace chiamarlo suite orientale. Si avvicina di più a quel tipo di espressione: c'è un'unitarietà di fondo, però ci sono anche aneddoti, racconti, favole di contenuto fantastico. Ci sono metafore che hanno dato vita a dei momenti lirici. Più che canzoni io li chiamerei proprio così, come La falena e la candela, Layla e Majinun o Amira, in cui abbiamo cercato di rendere in musica un'emozione che veniva dal testo. Non abbiamo la pretesa di aver musicato un libro, meno che mai un libro di quella mole.

Un'altra cosa che lo distingue da quei dischi pomposi è proprio l'essenzialità delle vostre scelte sonore. State rendendo sempre più lirica ed eterea la vostra musica.

Da un po' di tempo questo è il nostro modo di comporre e soprattutto di arrangiare. Io, Nabil e Alessandro Pipino, cui si è aggiunto Saro Cosentino, a cominciare dal disco In acustico ci siamo dati come regola una ricerca dell'essenziale. Ci sembra che lo cose in questo modo ci emozionino un po' di più. Il criterio è pratico, più che teorico, perché poi se facciamo le cose in un altro modo non ci piacciono.

Il lirismo di cui dicevamo ha limitato anche la parte ritmica e questo vi renderà forse più difficile portare l'album nei concerti. Come avete affrontato questo problema?

Ci stiamo lavorando. Il concerto che stiamo preparando per l'estate comprenderà, oltre a brani del nostro repertorio, anche alcuni estratti da questo disco. Siamo comunque convinti che In Search Of Simurgh possa diventare uno spettacolo a sé, con musica, azione scenica, teatro e danza. Non c'è ancora nulla di definitivo, ma ci rendiamo conto che potrebbe avere uno sviluppo di questo tipo.

Questo vi permetterebbe di continuare il vostro discorso sull'incontro tra culture diverse. Voi portate nella vostra musica un discorso di pace e di comunicazione che è molto importante.

Sai come si dice sempre...dopo l'11 settembre doveva ancora uscire Centro del mundo e una delle prime cose che ci sono accadute fu il rifiuto di alcune case discografiche di pubblicarlo. Ci siamo anche chiesti che senso avesse continuare, ma dopo un po', riflettendoci, ci è sembrato che avesse senso lavorare nella stessa direzione. Anche questa irruzione nel patrimonio persiano rappresenta un traghettamento, secondo il nostro stile, di un qualcosa che viene da un'altra parte. Senza contare che In Search of Simurgh può essere una specie di isola dove ci si può consolare. Ha un effetto terapeutico in un mondo dove si è quotidianamente terrorizzati. Non per negare la realtà, ma riprendere un po' di respiro.

Intervista di Giancarlo Susanna – L'UNITA' – 12/05/2004



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