L'ultima avventura di Salgari di Francesco Macrì |
TORINO.
Mattino presto. È il 25 aprile del 1911, che di giorno fa
martedì. Emilio Salgari, scrittore di più di 100
romanzi e 200 novelle, sale la collina torinese. Ha lasciato la
casa di corso Casale, vicino al fiume Po (mare fantastico di
molte sue invenzioni), e cammina i prati di Val San Martino -
oltre Madonna del Pilone -, verso le buche dove portava i quattro
figli a fare merenda e a giocare col cane Niombo. Trova quel
vecchio luogo, e allora la stanchezza, la miseria, la follia
vicina si coagulano improvvise in un gesto solo: col braccio
ormai stanco dell'inchiostro impugna un rasoio, si apre il ventre
e il collo e raggomitolato a crampo, spira. La giovane lavandaia
che andata a far legna lo troverà, molte ore dopo, lo
potrà identificare solo dalle lettere che ha portato con
sé. Due delle tredici scritte d'impeto e presagio qualche
giorno prima, il 22 aprile. TRISTE
PASSEGGIATA. Quel tiepido martedì di primavera, i
quattro figli, Romero, Nadir, Omar e Fatima aspetteranno a lungo,
spaventati, il rientro del padre dalla passeggiata mattutina.
Riceveranno la notizia solo il mattino dopo, da una guardia
civica, così come la città tutta eccitata e
affannata dai preparativi per l'inaugurazione della sontuosa
Esposizione Universale, dalla cronaca dei giornali. Tra annunci
di arrivi importanti di ministri e regnanti di tutta Europa, nel
mezzo di una complessa discussione sul suffragio "quasi"
universale ("Se si abbassa il livello degli elettori sarà
difficile alzare quello del corpo degli eletti", sostiene
l'onorevole Rizzetti per contenere l'entusiasmo di Turati che
vede vantaggi soprattutto per cattolici e socialisti, partiti più
organizzati), il cronista di ritorno dal folto bosco della
tragedia scrive: "In quel recesso nascosto, nel fitto d'un
bosco solitario e abbandonato, che il crepuscolo vicino già
riempiva di chiaroscuri e di mistero, quel cadavere straziato,
sul quale le larghe chiazze sanguigne accusavano la morte
recente, incuteva terrore!". Qualche giorno dopo un editore
intascherà la somma di 50 mila lire (!) come premio
d'assicurazione che aveva fatto sulla persona di Salgari. RICOVERO
INEVITABILE. La cartella clinica di Ida Salgari, recuperata
dagli archivi dell'ex manicomio di Collegno, ci descrive la donna
al suo arrivo. Ida ha 43 anni, casalinga, cattolica. Pesa quasi
100 chili e appare esaltata, gaia, logorroica, clamorosa. Questi
elementi fanno porre al medico di guardia la diagnosi di "psicosi
periodica (esaltazione maniaca)", sarà ricoverata per
un tempo di osservazione di quindici giorni, poi se necessario il
ricovero verrà trasformato in definitivo. Scrivono ancora
di lei nella sezione della cartella "storia del fatto e
condizioni che occasionarono il ricovero - antecedenti
personali": "All'età di 19 anni ebbe un bambino
attualmente vivente, (
) frequentò le classi
elementari poi si mise a recitare e siccome prometteva bene venne
richiesta da vari capo-comici; fu in quel tempo che si accese di
amore in maniera tale che non poteva più contenersi.
Risultato di ciò fu il parto che ebbe all'età di 19
anni. A 23 anni prese marito il Salgari (
) che a
quell'epoca ritornava dai suoi viaggi di mare ove si era
alcolizzato orribilmente. Tale stato del marito pare abbia
influito eziandio sulla moglie la quale pure frequentemente
ingoiava alcolici". Alcuni giorni dopo, i medici
intervistano anche la sorella di Ida che riferisce del clima
familiare definendola in sintesi una "vita assai agitata",
fatta di continui litigi. Il medico scrive ancora che la signora
Salgari era "assai amante del piacere carnale e siccome suo
marito non riusciva più a soddisfarla essa era obbligata
ad applicarsi compresse di acqua fredda, ciò che le
riusciva assai tormentoso". L'AIUTO
DI MOLTI. L'esaltazione continuerà a lungo, proprio
mentre sui giornali parte una sottoscrizione popolare che
raccoglie fondi per i disgraziati ragazzi rimasti soli nella casa
ai piedi della collina, Ida Salgari viene ricoverata in maniera
definitiva il 4 maggio 1911. Il giorno 20 dello stesso mese, su
richiesta del conte Natale Aghemo di Perno e "in
considerazione dello stato pietoso in cui si trova la famiglia di
Emilio Salgari, il presidente ha decretato che la moglie di
quest'ultimo qui ricoverata a carico provinciale, fruisca del
trattamento dei pensionari di 2ª categoria a carico
dell'Ente". Non uscirà mai più. Della storia
di questa donna, moglie di uno dei più prolifici scrittori
italiani del Novecento, ci rimangono soltanto due pagine, niente
più. Il manicomio se la inghiotte. Il diario clinico nella
sua anemia di attenzione e notizie appare un freddo resoconto
senza nessuna speranza: a fine luglio c'è il trasferimento
dal manicomio di Torino a quello di Collegno; Ida è sempre
più agitata, clamorosa, incontenibile. Poi qualche notizia
ogni fine anno; dicembre 1912 "sempre agitata",
dicembre 1913 "si compiace del turpiloquio", dicembre
1914 "di notte dorme"
nulla di nuovo per anni,
ogni dicembre poche righe scritte da un'unica mano, sempre
uguale. da DIARIO |
Emilio Salgari, nacque a Verona, il 21 agosto 1862, da una famiglia di modesti commercianti. Seguì inutilmente un corso per diventare capitano di marina, occasione che gli fruttò il primo ed unico imbarco, che fra l'altro lo portò solamente lungo le sponde dell'Adriatico. L'uomo che tanto scrisse di paesi esotici e lontani, dunque, in realtà non li vide mai. Nel 1883 iniziò a pubblicare sul "La Nuova Arena" il romanzo "La Tigre della Malesia", che gli fruttò molto successo, ma scarsissimi introiti. L'incapacità di gestirsi finanziariamente e una sua buona dose di ingenuità sarà una costante della sua vita. Nel 1884 pubblicherà, sempre a puntate, "La favorita del Mahdi", che diventerà poi il suo primo libro. Nel 1892 sposò l'attrice di teatro Ida Peruzzi, da cui ebbe quattro figli. Si trasferirà poi a Torino, lavorando con contratto fisso per l'editore Speirani, pubblicando circa 30 titoli tra il 1892 ed il 1898. Nel 1897 re Umberto lo nominò "Cavaliere della Corona". Nel 1898 si trasferirà ancora a Genova per lavorare con l'editore Antonio Donath. Malgrado i successi, a lui, incapace di gestirsi, restavano solo le briciole, mentre aumentavano i debiti, anche per via dell'assistenza che dovette dare alla moglie che nel frattempo era impazzita. Tentò un suicidio nel 1910, ma fu salvato. Si suicidò a Torino, il 25 aprile 1911, oppresso dai debiti e dalle disgrazie familiari, squarciandosi il ventre e la gola con un rasoio, imitando il suicidio rituale dei samurai giapponesi. Lascerà una lettera per i figli, e una, sprezzante, agli editori, ai quali chiese, almeno, di pagare il suo funerale. Fu autore di oltre duecento romanzi e racconti di avventure esotiche, autentici classici della letteratura per ragazzi. In particolare possiamo ricordare i romanzi come "I misteri della jungla nera", "Le tigri di Mompracem", "Sandokan alla riscossa", "Il Re del Mare", "I Pirati della Malesia", "Il Figlio del Corsaro Rosso", "Jolanda, la figlia del Corsaro Nero. Opere scaribili: Jolanda la figlia del Corsaro Nero
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