All'inaugurazione
una folla ha manifestato contro i rappresentanti del governo. Le
polemiche sembrano far tornare d'attualità l'intellettuale
engagé. Intanto Sgarbi si impegna a restituire gli sgarbi
Una folla di un
centinaio di persone, spuntate fuori dagli stand delle case
editrici al grido di "vergogna, vergogna" è
riuscita dopo una mezz'ora di testa a testa a far indietreggiare
i sottosegretari Vittorio Sgarbi e Nicola Bono, che impazienti
stavano aspettando la visita della ministra della cultura
Catherine Tasca al lussuoso padiglione italiano situato nel
centro del Salon du Livres, che oggi apre al pubblico. Il
servizio d'ordine ha reagito con violenza per fermare i giovani
del comitato "Resistenza", che volevano invadere lo
spazio e mettere sotto il naso dei rappresentanti del governo
Berlusconi i loro slogan - "libertà per l'Italia",
"fuori" - ma anche accuse più specifiche a
Sgarbi: "vendici una litografia", in ricordo del caso
Telemarket. La manifestazione di protesta è finita con un
girotondo attorno al padiglione color crema dell'architetto
Pizzi. Intanto, però, era stata chiamata la polizia per
difendere la delegazione ufficiale.
L'arrivo di Catherine
Tasca, previsto per le ore 19, non aveva ancora avuto luogo una
mezz'ora dopo, quando più nessuno la stava aspettando,
visto che tutti erano stati travolti dalla baraonda attorno al
Padiglione Italia. Se, in un primo momento, si era avuta
l'impressione che i rappresentanti italiani volessero evitare di
alzare i toni - Bono ha salutato Tasca all'entrata del Salon du
Livre e la ministra gli ha risposto con due frasi di gentilezza
in italiano, complimentandosi per il "bel padiglione" -
è stato sufficiente l'arrivo di Sgarbi per cambiare rotta.
Il sottosegretario ai beni culturali, infatti, ha tenuto a
precisare di non aver voluto "mantenere le distanze dopo
l'offesa della Tasca", la quale aveva affermato di preferire
"un altro patrocinio" per il Salon, che ha
l'Italia come ospite. Sgarbi ha rivelato che, nel governo, c'era
invece chi voleva marcare con forza questa irritazione (al
cocktail dato dal ministero della cultura, mercoledì sera
non c'era alcun rappresentante della delegazione, né
l'ambasciatore Di Roberto, che ieri ha preferito non rispondere a
chi gli chiedeva conto delle assenze. Sgarbi è andato giù
pesante con Tasca, tacciandola di essere afflitta da "un
problema edipico" con il fascismo, a causa della storia del
padre, Angelo, che fu tra i fondatori del Pci, esule in Francia
ai tempi di Mussolini, poi schieratosi con il regime di Vichy. La
protesta degli scrittori, che ha occupato tutti i giornali nelle
settimane precedenti, è stata invece liquidata con una
battuta volgare da Alain Elkan, consigliere del principe: alcuni
scrittori si sono messi "a petulare come donne abbandonate".
"Trovo assurdo lavare i panni sporchi all'estero" - ha
concluso Elkan, quasi che tutti i presenti fossero d'accordo con
il governo. La volontà generale degli scrittori presenti
era di evitare polemiche inutili e di concentrarsi sui
libri.
Carlo Lucarelli, per esempio, in albergo prima di
recarsi alla Porte de Versailles, sosteneva di non essere "in
rappresentanza del governo. "Sbaglia chi non viene - ha
aggiunto - non sono d'accordo sul fatto che ora ci sia il
fascismo in Italia. Ma potrebbe arrivare." Per Tiziano
Scarpa, corriamo il rischio di "buttarci a pesce su questa
polemica, per motivi di pubblicità". "Bisogna
trovare un luogo dove la parola riprenda potenza" - diceva -
invocando la riscrittura del dizionario dei sinonimi per
descrivere la situazione italiana di oggi: "come Grossman,
in Vedi alla voce amore, noi dovremmo dire `vedi alla voce
democrazia', e far riferimento al fascismo con più
proprietà terminologica. C'è un'espressione della
democrazia che è di tipo fascistico-mediatico. Bisogna
capire come uscirne". Alberto Bevilacqua, dal canto suo, ha
liquidato il tutto affermando che si tratta di "una polemica
pretestuosa: la vita culturale italiana è nostra, dei
creativi, sempre abbandonati a se stessi. Nessuno si è mai
occupato di noi, fatta eccezione per il Pci, fino a Berlinguer".
Anche Niccolò Ammanniti si sente poco toccato dalle
polemiche: "questo governo non l'ho votato, non mi piace,
però è anche vero che non abbiamo ricevuto alcun
tipo di pressione". Per Mario Rigoni Stern è
esagerato parlare di fascismo: "era un'altra cosa", e
raccontava di essere andato agli Invalides a vedere i ricordi di
guerra, "le armi con cui mi sparavano e con cui sparavo".
Poi, ha aggiunto: "sono iscritto alla Cgil da 55 anni, ho il
vizio della fedeltà. A 80 anni, spero di non morire sotto
Berlusconi". Per finire, una foto di gruppo: in attesa di
Catherine Tasca, Sgarbi chiama Bono: "vieni qui - gli dice -
che ti presento Mario Luzi, il più grande poeta italiano.
Bono ride tranquillo e volta le spalle a Luzi. Luzi chi?
ANNA
MARIA MERLO, Il
MANIFESTO 22/03/2002
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