| BIBLIOTECA | | EDICOLA | | TEATRO | | CINEMA | | IL MUSEO | | Il BAR DI MOE | | LA CASA DELLA MUSICA | | LA CASA DELLE TERRE LONTANE |
|
LA STANZA DELLE MANIFESTAZIONI | | | NOSTRI LUOGHI | | ARSENALE | | L'OSTERIA | | LA GATTERIA |
| IL PORTO DEI RAGAZZI |

RITRATTO DI AUTORE

L'UNITA' - 27/01/2002

Il vecchio che sapeva le parole

Erano le sette di sera di domenica 13 gennaio quando in una casa vicina all'imbarcadero di Cojimar, a circa otto chilometri dall'Avana, un uomo vecchio – perché tutto in lui era vecchio, era vecchia la sua casa, vecchia la sua barca Pilar che si cullava lì accanto alle vecchie carezze del vecchio mar dei Caraibi, vecchie le sue mani di pescatore consumato – diede l'ultimo tiro al quarto sigaro per sempre i suoi occhi azzurri e invincibili.

Gregorio “Goyito” Fuentes se ne è andato a 104 anni, e scrivo “ se ne è andato” e non “è morto”, perché gli uomini di mare come Goyito a volte si liberano della scomoda carcassa ormai malandata e se ne vanno in un certo cielo di cui un altro cubano mi parlò alcuni anni fa. Un cielo dove angeli vestiti come camerieri del tropicana distribuiscono senza sosta daiquiri e mojitos, dove un'orchestra diffonde le melodie che il cuore vuol sentire, dove le ragazze più belle non dicono mai di no quando le si invita a ballare. Un cielo dove non figurano porte, ma solo un'iscrizione all'ingresso che dice: vietato l'accesso ai traditori, agli ubriachi e agli dei. E in questo cielo avrà già incontrato il suo vecchio amico Papà Ernest, che gli avrà ripetuto le stesse parole che gli disse quando lo conobbe: “Voglio che tu sia il padrone della mia barca; il primo ordine è quello di berci un whisky e il secondo di andare subito a pescare insieme”.

Goyito si è allontanato proprio così, ma al tempo stesso continua ad occupare uno spazio tutto nostro della memoria e lì rimane, così com'era dieci, sette o cinque anni fa, quando lo vidi per l'ultima volta.

Fu nella sua casa di Cojimar, mentre fumando un poderoso avana sosteneva di essere uno dei pochi uomini al riparo dai ribaldi di questo mondo, perché aveva sempre con sé un apparecchio portatile che gli permetteva di riconoscere gli amici e i nemici della letteratura, la sola cosa che a quasi cent'anni di età lo manteneva in contatto con la vita.

Il suo apparecchio portatile si alimentava di sintesi, di questo mi resi conto quando alla domanda quale fosse il libro che lo aveva impressionato più di tutti rispose: “La Divina Commedia”, Dante, ragazzo mio. Un signore, perché Dante fu davvero un gran signore e si chiama signore uno che la gente la tratta con rispetto. Dante non mi ha detto: “L'inferno è caldissimo”, perché questo chiunque lo sa o lo intuisce. Dante mi ha detto che l'inferno, man mano che si scende, è sempre più freddo, e che alla fine ad occupare lo spazio più spaventoso sono i traditori. Papà Hemingway mi ha regalato la Divina Commedia e mi ha detto: “Tu sì che la capirai”.” E così è stato. Mentre scrivo nelle Asturie sta piovendo, il mare in burrasca fa sentire il suo malumore di onde spumeggianti e da un registratore esce la voce di Goyo, e altre voci che si intromettono: “Turisti, Goyo?”, e alla domanda lui risponde con il suo tono robusto di fumatore: “No, signore, un amico della letteratura”.

E che cos'è la letteratura, Goyo?, gli chiede la mia voce.

“E' fare buon uso delle parole, lasciarle libere e oneste, perché le parole vogliono essere libere e oneste”, risponde in una nuvola di fumo azzurro.

Con Goyo si parlava di pesca, dell'Avana di un tempo e di libri, dei molti libri che lui prendeva dalla casa museo di Hemingway per nutrire la sua più che meritata condizione di pensionato e il suo apparecchio portatile per riconoscere gli amici e i nemici della letteratura. Fra tutte le altre opere da Faulkner prediligeva Sartorius, di Conrad Cuore di Tenebra, di Lezama i poemi, anche se sosteneva che il più grande poeta cubano era Fayad Jamis. Quando parlava di Don Chisciotte prima gli si illuminavano gli occhi e poi esclamava: “Coño, fammi raccontare il capitolo dove Sancho Panza governa l'isola...” e con il suo accento cubano il castellano antico di Cervantes acquistava un'inaudita vivacità.

Qualche volta lo vedevo apporre delle note a margine nella pagine di Gramma o del Caimán Barbudo. “Non si dice così, non si capisce niente, quest'uomo non sa adoperare i verbi” borbottava Goyo, facendo uso del suo apparecchio portatile della letteratura. In altre occasioni fui testimone di incontri con giovani pescatori che gli si avvicinavano in cerca di consigli. Goyo li stava ad ascoltare e qualche volta li interrompeva: “Non ti capisco se mi dici che hai calato il coso e che dopo tre ore hai tirato su il coso, ma senza prendere nessun coso? L'amo? E che cosa hai tirato su? La lenza? E che cosa non hai preso?. Usa i sostantivi, rispetta le parole, compagno”. Sì, l'apparecchio portatile era proprio implacabile.

Ma Goyo e il suo apparecchio portatile se ne sono andati lasciandoci soli, e in questa nuova solitudine com'è difficile riconoscere gli amici e i nemici della letteratura, e a denunciare il loro affannarsi per stravolgere le parole, per spogliarle del loro valore autentico e della loro onestà.

Quando cadde il muro di Berlino dissero che niente sarebbe stato più come prima nel mondo e questa affermazione auspicava un'epoca nuova, un nuovo ordine opposto al disordine precedente. Niente di tutto questo è accaduto. In mondo non è andato avanti come prima, ma è peggiorato. Al termine dell'operazione “Tempesta nel deserto”, dissero che in futuro nulla sarebbe stato come prima, che un nuovo ordine internazionale avrebbe aperto le porte alla speranza. Non accadde nulla, tutto continuò peggio di prima e non soltanto per gli iracheni o i civili e i soldati dei due blocchi vittime delle radiazioni prodotte dai proiettili all'uranio impoverito. Tutto peggiorò, per esempio per la povera umanità che crede ancora nella necessità di mantenere gli spazi naturali che conservano l'equilibrio della vita. E se la situazione per qualcuno è migliorata, questi sono i magnati petrolieri del Texas, che coscienti della permeabilità dei loro investimenti in oriente, hanno eletto un discutibile presidente degli Stati Uniti, che fra le prime misure ha concesso l'autorizzazione degli sfruttamenti petroliferi – texani – in Alaska.

In Europa, le parole che cercano di ordinarsi per rendere comprensibile e trasparente la ragione su cui si fonda la nostra civiltà, si vedono orribilmente stravolte, e così dobbiamo tollerare che siano accusati di provocare guerre civili quei giudici che adempiendo al loro dovere di giudicare fatti indegni hanno denunciato la corruzione di certi poteri politici e di certi poteri economici. Nei parlamenti, le parole cercano di organizzarsi per creare formule, concetti legali che proteggano la società e puniscano il trasgressore delle leggi, ma una volta di più si vedono sovvertite, sottoposte a un contrordine aleatorio e finiscono col dare corpo a leggi che, per fare un esempio, non considerano un delitto la falsificazione dei bilanci.

In paesi non tanto lontani come l'Argentina, la corruzione, l'avidità, la disumanizza di un sistema economico conducono il paese verso l'abisso, e le parole tendono ad ordinarsi per fare conoscere le ragioni della crisi, la sofferenza delle vittime, il pericoloso sacrificio della speranza, ma una volta di più si vedono sovvertite, e non si ordinano per denunciare il dolore di una popolazione, ma piuttosto per descrivere le sofferenze statistiche degli investitori, il grave pericolo che sovrasta i loro profitti.

Hanno detto che dopo l'11 settembre niente al mondo sarebbe stato più come prima. E' vero. Tutto è cambiato per le vittime degli attentati terroristici. Tutto è cambiato per le vittime civili di un'operazione di vendetta – e non c'è perversione maggiore delle parole di quella che fa dire che vendetta è sinonimo di giustizia -, tutto è cambiato a favore dei signori della guerra, che si chiamino militanti di Hamas o Rumsfeld, che si chiamino Sharon o fanatici della Jihad.

Le povere parole oggi assomigliano a quei pazzi che vagano per i villaggi parlando da soli. Le parole nel loro sommesso delirio dicono: è l'ora del dolore e deve arrivare l'ora della pace, ma i governanti come Aznár o Joska Fischer le stravolgono e le inducono a dire: “Signor Bush, siamo ai suoi ordini, ci lasci mandare soldati in Afghanistan, dove lei decide”. Le parole si guardano e fra di loro, si scelgono per rappresentare i pensieri più alti. Così la parola giustizia assume la serenità della sua ragione, la parola diritto si unisce alla parola umano, si impegnano con fervore e danno forma ai diritti umani, inalienabili, per tutti, persino nei casi dei maggiori criminali e nemici di questi stessi diritti.

Ma un nome li stravolge: Guantanamo, sinonimo di un luogo dei Caraibi dove molti uomini – non si sa quanti, né quando, né con quale imputazione, né da quali giudici – saranno giudicati da tribunali speciali, che per la loro stessa natura “speciale” sono la negazione di qualunque senso della giustizia. Guantanamo, sinonimo di gabbie di due metri per due, senza muri, solo sbarre e al solo interno degli uomini che saranno giudicati – non si sa quando – in nome di una umanità che con l'accettazione negherà se stessa.

Le parole con ostinazione sperano di ordinarsi, di occupare il loro posto nei mezzi di comunicazione e dire, per esempio: “Il presidente degli Stati Uniti si preoccupava della realtà dei diritti civili, dei diritti umani, dei diritti dell'uomo, dei prigionieri di Guantanamo”. Ma ancora una volta si vedono stravolte, prostituite e nei giornali e nei notiziari televisivi si sente dire: “Il presidente degli Stati Uniti è svenuto mentre mangiava un salatino”. Povere parole. A loro, come a me, come a tutti, manca la presenza di Gregorio “Goyo” Fuentes e il suo infallibile apparecchio per riconoscere gli amici e i nemici delle letteratura, che sono gli stessi amici e nemici dell'umanità.

Luis Sepúlveda (traduzione di Mirella Caveggia)

L'UNITA' – 27/01/2002

(Questo racconto – pamphlet è stato letto come discorso celebrativo per i vent'anni del Premio Grinzane Cavour)



ARTICOLI

INTERVISTE

| MOTORI DI RICERCA | UFFICIO INFORMAZIONI | LA POSTA | CHAT | SMS gratis | LINK TO LINK!
| LA CAPITANERIA DEL PORTO | Mailing List | Forum | Newsletter | Il libro degli ospiti | ARCHIVIO | LA POESIA DEL FARO|