Ho l'impressione che
l'Italia sia alla deriva. E alla deriva politica, rappresentata
da un governo con una forte percentuale di ex-fascisti e da un
primo ministro con un impero economico di provenienza mai
rivelata e proprietario di quasi tutta l'informazione italiana,
si aggiunge (da tempo) una deriva ideologica che oggi trova il
suo culmine in una dichiarazione del Presidente della Repubblica.
Carlo Azeglio Ciampi, domenica 14 ottobre, durante una
cerimonia sulla Resistenza, in un paese vicino a Bologna, ha
pronunciato parole che ritengo improponibili per una Repubblica
nata dall'antifascismo come l'Italia. Forse ritenendosi difeso
dal fatto di avere partecipato alla resistenza, ha affermato:
«Abbiamo sempre presente, nel nostro operare quotidiano,
l'importanza del valore dell'unità d'Italia. Questa unità
che sentiamo essenziale per noi, quell'unità che oggi, a
mezzo secolo di distanza, dobbiamo pur dirlo, era il sentimento
che animò molti dei giovani che allora fecero scelte
diverse e che le fecero credendo di servire ugualmente l'onore
della propria Patria». Con l'eufemistica
circonlocuzione «giovani che fecero scelte diverse»,
il presidente italiano non può che riferirsi ai
nazi-fascisti di Salò, cioè a quelle persone che si
schierarono militarmente con Mussolini e Hitler dopo la resa
dell'Italia. Non so in quale misura Ciampi abbia partecipato alla
Resistenza: se vorrà scrivere le sue memorie gli storici
le prenderanno in considerazione per valutarne l'effettiva
importanza. Ma ciò ha un interesse del tutto secondario.
Il punto non è questo. Il punto è che Ciampi non si
può permettere di dire ciò che vuole, perché
dall'alto della sua carica, fornendo informazioni errate ai
giovani e ai cittadini e in particolare a coloro che non hanno
accesso allo studio della Storia, egli disorienta gravemente
l'opinione pubblica italiana già fortemente disorientata.
Che coloro che avevano scelto il nazi-fascismo fossero animati da
un sentimento di unità d'Italia è una falsità
storica grossolana. La repubblica di Salò, nata dopo l'8
settembre 1943 (data dell'armistizio chiesto dall'Italia agli
Alleati) fu uno stato fantoccio creato dai nazisti nel nord
d'Italia, più o meno nelle stesse zone che oggi sono in
mano al partito separatista della Lega; e l'idea che questo
staterello artificiale, roccaforte del nazi-fascismo, tendesse
all'unità d'Italia corrisponde al dire che la repubblica
di Vichy aspirava all'unità di Francia. Che poi i
repubblichini, scherani e servi dei nazisti, autori di massacri,
torturatori e aguzzini,con simboli di morte ben espliciti
sull'uniforme, credessero di avere servito «l'onore della
Patria», è una dichiarazione che involgarisce l'idea
di patria e il concetto di onore. Ciampi si appella alla presunta
buonafede, specificando che certi giovani fecero «scelte
sbagliate», e lasciando intendere che queste scelte sono da
assolversi perché furono fatte in buonafede. Con lo stesso
ragionamento qualcuno potrebbe arrivare ad assolvere i terroristi
di Bin Laden, che sono senz'altro animati dalla «buona
fede»,anzi da troppa buona fede. Lunedì 15
ottobre, quando a Parigi è arrivata la notizia del
discorso di Ciampi, in un'aula della Sorbona, il giurista Antonio
Cassese chiudeva il corso della cattedra Blaise Pascal con un
dibattito sulla giustizia penale internazionale insieme a Robert
Badinter, Philippe Kirsch, «padre» dello statuto
della Corte penale internazionale, e il Presidente del tribunale
internazionale dell'Aja Claude Jorda. Nell'intervallo dei
lavori,chiacchierando nel cortile con i numerosi studenti
presenti, ho letto loro le parole del presidente della repubblica
italiana. Mi hanno guardato con stupore. Uno di loro mi ha
condotto davanti alla lapide della «Cour d'Honneur»
dove sotto un lungo elenco di nomi c'è scritto: «Ai
professori e agli studenti caduti per la Francia, 1939-1945».
L'unità della Francia è lì, nei nomi delle
persone di quella lapide, non in coloro che furono i loro
assassini. Se il presidente Chirac venisse a raccontare a questi
studenti che i collaborazionisti o i poliziotti di Vichy avevano
comunque agito per l'onore della patria lo prenderebbero a
fischi. In Italia non fischia nessuno. Il "blanchissage"
di Salò è cominciato da tempo. Del suo iniziatore,
il deputato ex-comunista Violante, si dice avesse ambizioni di
capo dello Stato e dunque dovesse conquistarsi le simpatie della
destra in Parlamento. Ma Ciampi è già presidente
della Repubblica, le simpatie della destra se le è già
conquistate, infatti è stato eletto all'unanimità,
e la destra, compresi gli ex-fascisti, sono entusiasti di lui (il
primo a esultare alle sue parole è stato il ministro Mirko
Tremaglia, ex-repubblichino). Nelle sue incaute parole il
presidente della Repubblica dimentica che i nazi-fascisti non
sono gli Assiro-babilonesi, scomparsi da quattromila anni: essi
sono ancora presenti in Europa in varie forme di neo-nazismo, e
fra l'altro il parlamento italiano trabocca di ex-fascisti. Mi
rendo conto che l'Italia è fatta di «ex»:
ex-partigiani, ex-fascisti, ex-comunisti. Comunque sarebbe bene
che il presidente della Repubblica ricordasse che egli non è
ancora un ex-presidente, e dunque facesse bene il suo mestiere di
presidente, che è quello di garantire le istituzioni
italiane. Finora è stato molto solerte a firmare le leggi
«sudamericane» di Sivlio Berlusconi (soprattutto la
legge sulle rogatorie internazionali, che ha destato scandalo in
Europa) e altre sono in arrivo all'orizzonte, leggi che a mio
avviso prima o poi faranno dell'Italia un caso anomalo
nell'Europa unita. Quanto all'unità del paese,a cui Ciampi
sembra tenere tanto, non mi spiego perché, quando
Berlusconi gli ha presentato il suo governo, non abbia fatto
obiezioni su Umberto Bossi come ministro delle Riforme
Istituzionali. L'Italia oggi ha un presidente della Repubblica
che per difendere l'unità del paese va a riesumare coloro
che nel 43-45 fecero le scelte peggiori, e un ministro delle
Riforme Istituzionali che vorrebbe fare la repubblica della
Padania indipendente. Che l'Europa aiuti l'Italia.
Antonio Tabucchi
L'UNITA' 21/10/2001
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