Caro Direttore,
Queste sono le considerazioni
di un impolitico, e valgono per quello che valgono. E poi sono
buttate giù alla rinfusa, come quando (per dirla col Poeta
amato dai nostri manuali scolastici) piove dalle nuvole sparse
sulle tamerici salmastre ed arse, e su qualche còccola
aulente. E magari, nel mio caso, piove sul bagnato. Abbi
pazienza.
Prima osservazione. Un
politologo con la patente, il prof. Galli Della Loggia, sul
Corriere del 30 aprile non si trattiene, ed esterna
tutta la sua disapprovazione per una sinistra che il 25 aprile
ha manifestato unita, nel senso che, come dice lui, c'è
dentro di tutto, dai no-global alle vecchiette. L'obiettivo
della contumelia è soprattutto il sindacato, e in specie
Sergio Cofferati, responsabile di questa scandalosa unione.
Considerazione di un
impolitico. Quando l'avversario piace a Della Loggia,
sicuramente in quell'avversario c'è qualcosa che non va.
Quando l'avversario non piace a Della Loggia, vuol dire che va
proprio bene. Questo principio si chiama prova del nove,
regolina matematica che ci insegnava il maestro alle elementari.
Regola ripresa poi da quel simpatico investigatore inglese che
dice sempre: Elementare, Watson, elementare.
Seconda osservazione. Un
altro politologo con la patente, il dottor Zincone, sempre sul
Corriere del 1° maggio, depreca la scelta del
presidente francese Chirac, uomo che rappresenta i valori della
Repubblica, di rifiutarsi di discutere pubblicamente con
Monsieur Le Pen, uomo che coltiva i principi nazi-fascisti e per
il quale i campi di sterminio furono un'inezia della
Storia. Cito il severo politologo del Corriere:
Ecco il presidente della Repubblica (francese) che rifiuta
sdegnosamente di confrontarsi con l'avversario, perché lo
giudica ripugnante, Strano, stranissimo è questo
atteggiamento. Noi (il politologo usa il plurale majestatis)
credevamo che la democrazia liberale fosse obbligata a
rispettare tutti i nemici. In primo luogo i più estranei,
pericolosi, cattivi. Altrimenti, di che razza di democrazia
parliamo.
Considerazione di un
impolitico. Durante la scorsa campagna elettorale l'on.
Berlusconi rifiutò sempre, sdegnosamente, di confrontarsi
con il suo diretto avversario, l'on. Rutelli. E mai il
politologo del Corriere alzò la sua
autorevole voce di disapprovazione. Se ne potrebbe dedurre,
seguendo la logica del politologo del Corriere, che
l'on. Rutelli non era sufficientemente estraneo, pericoloso e
cattivo, e che dunque non meritava nessun confronto. Un
impolitico ancora più impolitico di me potrebbe dedurre
anche che quelli pericolosi e cattivi (tipo gli indagati per
mafia, per corruzione, per attività contro lo Stato,
ecc), non potevano essere chiamati a confrontarsi con l'on.
Berlusconi perché stavano nella sua coalizione. E dunque
non gli erano sufficientemente estranei, requisito
indispensabile secondo il severo politologo del Corriere.
Terza osservazione. Il
medesimo politologo, sempre sul Corriere del 1°
maggio (mi scuso per la monotonia del quotidiano in questione,
ma il pluralismo è fatto così) continua in questo
modo: Vent'anni fa, da noi, i missini e i comunisti erano
accomunati dalla conventio ed excludendum; poi entrambi,
trasformandosi, hanno raggiunto i vertici dello Stato, e la
nostra democrazia se n'è arricchita.
Considerazione di un
impolitico. Il politologo, nella sua analisi, ha dimenticato
di dirci che le trasformazioni non arricchiscono
solo la democrazia. Una villa a Portofino, una in Maremma, una
barca nel Mediterraneo, la direzione (o l'aspirazione ad essa)
di un giornale di indiscussa proprietà, ed ecco che
intellettuali che negli anni '70 guardavano con simpatia dai
salotti milanesi alle cosiddette avanguardie rivoluzionarie
diventano integerrimi paladini del rispetto che la democrazia
deve a Le Pen. Quale indubitabile arricchimento democratico!
Quarta considerazione.
L'onorevole Bossi (che Repubblica chiama sempre il
Senatúr) ha dichiarato il 30 maggio alle
televisione di Stato (o di governo, a scelta): I
magistrati rappresentano un pericolo per la democrazia, e
dovrebbero essere eletti direttamente dal popolo.
Considerazione di un
impolitico. Si tratta di una dichiarazione chiaramente
eversiva, perché lesiva dei principi costituzionali. Ma
l'on. Bossi è ministro di questa Repubblica, cioè
ministro delle istituzioni che aggredisce. Domanda
dell'impolitico: ma questo onorevole non è forse stato
accettato come ministro delle riforme istituzionali dal
presidente della Repubblica? Risposta: sì. Ciò
vuol dire che il presidente della Repubblica aveva fiducia nella
luminosa figura di un uomo che le riforme istituzionali sa cosa
sono. E se il presidente della Repubblica, il giorno successivo
alle dichiarazioni del ministro di cui egli si è fatto
garante, tace sulle sue dichiarazioni, non vuol forse dire che
il ministro dice parole sante, e cioè che i magistrati
dovrebbero essere eletti direttamente dal popolo? Perché,
continua a domandarsi l'impolitico, se il Presidente della
Repubblica, che secondo la Costituzione è anche Capo
della magistratura, non ha obiezioni da fare alla proposta di un
ministro da lui approvato, non significa forse che la
considerazione assai politica del ministro non è affatto
eversiva come ingenuamente si può pensare, ma costituisce
un'interessante proposta di riforma delle nostre istituzioni?
All'impolitico, poveretto, non restano altro che considerazioni
del tutto marginali, che appartengono alla sua fantasia.
Esempio: dove saranno eletti i futuri giudici? Su uno spiazzo
erboso della Padania, durante una sana sagra di paese, con
musica country? L'impolitico sta vaneggiando, ha visto troppi
film di cow-boys: così si eleggevano gli sceriffi nel
far-west.
Caro Direttore, ti lascio con
una nota a margine che però non è la
considerazione di un impolitico, ma solo quella di uno scrittore
di lingua italiana. L'antonomasia, nel bene e nel male, indica
sempre un primato. Il Maligno per eccellenza è il
diavolo, il Salvatore per eccellenza è Gesù
Cristo. Che l'on. Bossi sia ormai, da più di un giornale
indipendente, chiamato il Senatúr per
antonamasia, rileva di un'indulgenza quasi affettuosa, una
strizzata d'occhio, che indica una sorta di bonomia nei suoi
confronti. Come dire: ma sì, forse le sue parole sono
rozze e volgari, ma il Senatúr è fatto così.
Personalmente preferirei lasciare l'antonomasia di Senatúr
a personaggi come Alessandro Manzoni. Penso che sarebbe più
appropriato chiamare Umberto Bossi con la sua qualifica:
ministro Bossi. Servirebbe a ricordare a tutti gli italiani che
rispettano la Costituzione una verità agghiacciante:
Bossi è un ministro di questa Repubblica.
Un cordiale saluto.
Antonio Tabucchi
L'UNITA' 03/05/2002
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