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Di Sofri, di lodi, di Bella |
Il ministro della giustizia
Castelli, in libera uscita a Parigi, ha dichiarato che solo a
sentir parlare di grazia a Sofri perché è un
intellettuale gli vengono i brividi. Ho pensato alla rivalità
che in Italia esiste fra gli intellettuali. Perché ho il
sospetto che anche Castelli sia un intellettuale, nonostante
faccia di tutto per nasconderlo, riuscendoci benissimo: quando si
dice la modestia. Deve aver fatto difficili studi giuridici (è
anche ingegnere) e la sua maniera di esprimersi rivela un
pensiero di formazione umanistica, quell'Umanesimo di cui può
andar fiera la cultura italiana che ha prodotto Galileo, Pico
della Mirandola, Leonardo, il Rinascimento, le corti signorili, i
Medici, gli Estensi, le città e le opere d'arte per cui
ogni anno milioni di turisti visitano il nostro paese, senza
trascurare, si spera, nei loro circuiti di istruzione, l'ambiente
naturale dove vive il ministro Castelli. Come è
auspicabile che costoro, insieme ai fondamentali testi italiani
di filosofia della politica e del diritto che derivano dalla
tradizione dell'Umanesimo (Beccaria, Gobetti, Bobbio, Einaudi) si
istruiscano anche sui discorsi dell'ingegnere Castelli. Discorsi
che per ora circolano alla buona, ma per i quali si auspica
un'edizione commentata dell'Università di Heidelberg.
Prima o poi ce la devono, questi tedeschi, invece di fare solo i
turisti, e si accorgeranno cos'è un pensiero di razza. Ma
sul caso Sofri l'ingegner Castelli, lasciandosi rapire dalle sue
profonde riflessioni giuridico-filosofiche, rischia di
dimenticare dei dettagli tecnici che pertengono al suo ruolo di
ministro di grazia e giustizia, e rischia anche (cosa che spiace)
che il suo ragionamento possa essere scambiato per la spacconata
di certi suoi amici di paese, quelli che dicono che gli
extracomunitari devono essere presi a fucilate come i conigli
selvatici. Pensieri certamente lontanissimi da un uomo di studi
come l'ingegner Castelli. Per questo, con tutto il rammarico di
riportarlo alla banale realtà, mi permetto di ricordargli
«tecnicamente» i suoi obblighi di ministro. Il primo
obbligo che compete al ministro di grazia e giustizia allorché
nel Paese una considerevole parte dell'opinione pubblica si
manifesta a favore della grazia di un condannato (e con Sofri,
esclusa qualche rara voce neo-nazista, siamo praticamente al
plebiscito) è di istruire il procedimento di grazia. Il
procedimento è obbligatorio ma non vincolante, nel senso
che il ministro Castelli una volta istruito ciò che deve
istruire può metterlo in un cassetto, chiuderlo a chiave e
lasciarlo perdere (c'è un vocabolo celtico che rende bene
l'idea, amato dal ministro Bossi: fottersene). Ma deve istruirlo.
Tale procedimento consiste in una richiesta di pareri. Che nel
caso specifico sono: 1) il parere dei magistrati di sorveglianza
del condannato in questione; 2) il parere del procuratore
generale presso la corte di appello dove è stata emessa la
sentenza; 3) il parere della famiglia della vittima o delle
vittime. Vengo al dunque: molti cittadini italiani desiderano
sapere se il ministro Castelli ha fatto quanto era di suo dovere
e competenza. Dopo di che si attenderanno i risultati della cura
Di Bella, come è stata tradotta in italiano l'espressione
inglese "moral suasion". Alle meditazioni di Castelli
si è aggiunta la riflessione di un deputato
post-filantropo che propone uno scambio fra Sofri e Priebke.
Insomma, la liberazione di una persona condannata dopo una decina
di sentenze contraddittorie (scusate se insisto a ricordare che
il processo Sofri è un processo indiziario basato sulla
parola di un pentito) bilanciata dalla liberazione
del responsabile del massacro delle Fosse Ardeatine. La proposta
mi pare istruttiva, non tanto per il numero delle vittime (non è
il caso di fare contabilità mortuaria) né per la
difficoltà di chiedere il parere della famiglie delle
vittime (forse il post-filantropo passerebbe personalmente di
casa in casa, sacrificando i suoi alti impegni istituzionali)
quanto perché essa mi pare la flagrante dimostrazione di
una mia affermazione apparsa di recente su questo giornale: che
l'Italia non ha mai fatto né pulizia né ammenda del
suo passato. Affermazione che Mario Pirani sulla Repubblica
ha definito uno svarione storico. A Pirani avevo
pensato di rispondere per chiarire meglio la mia idea, poi mi è
passata la voglia (a volte nella vita la voglia passa). Come
vuole il buon uso del giornalismo, penserei dunque di non
rispondergli sul giornale dove ho fatto le mie azzardate
affermazioni. Anche perché penso che a Pirani, giornalista
che stimo (e che approfitto per ringraziare per averci finalmente
informati che Ciampi non ha fatto la Resistenza) e al quale
Pirani, come sappiamo, sta a cuore Sofri, la mia idea potrebbe
essere chiarita meglio dall'onorevole a cui sta a cuore Priebke.
Per comprendere bene la Storia che viviamo a poco servono i
signor nessuno come me, fra l'altro istituzionalmente
irrispettosi, come è noto a Pirani. È più
utile rivolgersi direttamente alle istituzioni, cioè agli
onorevoli priebkiani che rappresentano legittimamente la
continuità storica della nostra Italia al governo o in
parlamento. Antonio Tabucchi IL MANIFESTO 18/07/2003 |
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