Cari
Lettori, tempi duri per i dissidenti. In Italia si amano molto
quelli esteri. Per quelli interni, invece, la stampa italiana usa
argomenti assai convincenti per indurli a essere ragionevoli.
Rivolto al convincimento è ad esempio larticolo di
Giuliano Ferrara sul Foglio del 6 ottobre scorso: Se
mi ammazzano, ricordatevi che è su mandato linguistico di
Antonio Tabucchi e Furio Colombo in concorso tra di loro.
Avrete notato laggettivo «linguistico»,
piuttosto singolare. Ma che rivolto a un direttore di giornale e
a uno scrittore, cioè a chi usa la parola, suona sinistro.
E il messaggio risulta chiaro: nel dichiarare di trovarsi in
grave e imminente pericolo di vita, e indicando me e Colombo come
colpevoli, Ferrara persegue lo scopo di indurre al silenzio chi
ha espresso e continua a esprimere giudizi negativi nei suoi
confronti.
Gli
estremi della minaccia diretta a me si rinvengono in particolare
nel secondo paragrafo dellarticolo, laddove Ferrara si
rivolge a sconosciuti interlocutori affinché ricordino che
il sottoscritto è uno dei mandanti del suo probabile
omicidio, e per metterci una pezza. Che in buon
italiano vuol dire trovare un rimedio o una soluzione. E i
Lettori capiranno che in un paese come lItalia, dove la
malavita non manca, i giudici saltano per aria, la magistratura è
definita «un cancro che deve essere estirpato» e i
terroristi mettono a tacere i rompicoglioni, la pezza
che il Ferrara addita non si sa a chi, non fa molto piacere.
Cominciano a fischiare le orecchie.
Mi
è parso così il caso (visto inoltre che, esclusi
lUnità e il Manifesto, anche certi giornali italiani
non ancora di Berlusconi gradiscono, come vedremo, che Ferrara mi
indichi quale mandante linguistico) di far conoscere
questa storiella allestero. Mi sono rivolto a Le Monde,
quotidiano francese che da certi giornalisti italiani non è
stimato come il Foglio, ma che si spera migliorerà. Su Le
Monde scrivo ogni tanto come su El Paìs o il
Frankfurter Allgemein Zeitung, e ciò in Italia dà
fastidio perché si vorrebbe, come sappiamo, che tutto
restasse fra noi. Ma ora succede una cosa interessante. Cari
Lettori, fate attenzione. La sera del mercoledì 8 ottobre
detto per telefono il mio articolo per Le Monde. Che lo
pubblica il giorno dopo, giovedì 9 ottobre alle 2 del
pomeriggio (Le Monde è un giornale pomeridiano). Ma
quello stesso giorno, 9 ottobre, larticolo appare anche sul
Foglio di Ferrara, tradotto dallo stesso Ferrara. Come lo
abbia intercettato è un problemino che lascio alla vostra
considerazione. Ma Ferrara, con il passato che ha, di informatori
se ne intende. Quello che invece è sorprendente, è
che quello stesso giorno (9 ottobre) sul Corriere della Sera
appare un articolo in prima pagina di Aldo Grasso, che di
solito, per mestiere, tiene una rubrica di critica televisiva, e
che prende la penna per redarguirmi severamente. Larticolo
di Antonio Tabucchi che appare oggi su Le Monde non gli fa
certo onore. È solo uno scomposto attacco contro Giuliano
Ferrara, un fiume di rancorosi epiteti, una descrizione paranoica
dellItalia: non ce la passiamo tanto bene, ma non siamo
ancora allo stato libero di Bananas (A. Grasso, Il
fiume dellira, Corriere della Sera, 9 ottobre
2003).
Secondo
me Grasso se la passa benissimo, ma questa è unopinione
personale. E può pure darsi che lItalia non sia lo
Stato di Bananas. Ma mi piacerebbe sapere come Grasso è
riuscito a confezionare il suo ananasso giornalistico
rimproverandomi su un mio articolo francese che uscirà il
giorno dopo. Perché, come Ferrara, anche il Grasso
(scusate il bisticcio involontario) per far uscire il suo
articolo il 9 ottobre lo ha scritto la sera prima, cioè
l8 ottobre. Ma questo il giornalista lo spiegherà
eventualmente, se sarà chiamato quale testimone, alla
magistratura francese cui Le Monde ha denunciato Ferrara
per furto e violazione delle regole giornalistiche europee. Forse
che anche a via Solferino cè una sfera di cristallo
come al Foglio? E allora si deve dar ragione a Francesco
Merlo che su Repubblica, dove è appena arrivato dal
Corriere, il giovedì 10 ottobre, prendendo di petto
la questione tra Ferrara e me (per la verità più me
che Ferrara, che è difficile a prendersi di petto) in un
suo pezzo di colore dove si capisce che lonore di Ferrara
gli sta proprio a cuore, scrive: Il Foglio è
il giornale dei giornalisti, perché è intelligente,
perché è fazioso, perché ce nè
sempre per qualcuno, è vitale, è sanguigno... sta
sempre al limite dellirresponsabilità pericolosa e
contundente. Ospitasse pure Tabucchi, il Foglio sarebbe
perfetto. Ringrazio Merlo, ma ho già un impegno con
Le Monde. Mi auguro tuttavia che per raggiungere la
perfezione il Foglio possa ospitare presto Merlo. E credo
che i lettori mi capiranno se dato che il Foglio è
il giornale dei giornalisti italiani, compreso il giornale su cui
scrive Merlo, io abbia voglia di scrivere altrove. Quello che
trovo preoccupante è che il Merlo affermi che Tabucchi si
sia magistralmente esibito in quellantichissimo genere che
è lItalia vista fuori dallItalia, o sindrome
dellesule. Perché probabilmente egli pensa che
per scrivere su un giornale straniero bisogna stare altrove. E
invece io sto qui, nel mio paese della Toscana, e giro in
bicicletta. Mezzo di locomozione pericoloso in Italia, ora che
comincio a pensarci, perché capita che un rompiscatole
lasci la bici appoggiata al muro e poi non la possa più
recuperare per motivi indipendenti dalla sua volontà.
Cari Lettori, arrivo a conclusione. Che poi consiste in un
ringraziamento. Grazie per la solidarietà che mi avete
espresso in questa losca storia in cui mi ha coinvolto il
giornale dei giornalisti. E a cui segue un commiato,
anche se solo geografico. Perché Merlo mi ha fatto venire
unidea: come si possono scrivere dallItalia degli
articoli per un giornale estero, si possono scrivere dallestero
articoli per un giornale italiano, prendendo ovviamente le
necessarie precauzioni di trasmissione. E ci sono momenti in cui
si ha bisogno di respirare unaltra aria, lo capirete. Per
ora lascio la mia bicicletta appoggiata al muro. Ma vorrei
passare a riprenderla. Me la terreste docchio voi? Un caro
saluto.
P.S. È in
arrivo una nuova carezza per me. Stavolta su un
settimanale (ovviamente di Berlusconi) lo stile è quello
che Giuliano Ferrara in un suo memorabile articolo su Repubblica
del 17 marzo 1979 chiamò diritto di delazione.
Lo dico perché conosco chi sta dietro il servizio:
purtroppo per lui è abituato a brutte storie di delazioni.
Questi stanno sempre a sfruculiare da dietro, come sullautobus.
Naturalmente è tutto non attendibile, perfino i
complimenti. Però scusate, ora andrei.
Antonio Tabucchi
L'UNITA' 17/10/2003
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