A
volte il giornalismo italiano sembra ispirarsi alle imprese dei
compianti Franco e Ciccio, soprattutto al capolavoro Ultimo
tango a Zagarolo. Linizio di questo cult movie risale
al maggio scorso, quando un giornalista di peso dellItalia
della nuova era, il signor Giuliano Ferrara, si vanta sul suo
giornale (Il Foglio 16.5.2003) di essere stato un
analista dellintelligence americana. Che poi è
la Cia (chi chiama spia una spia, come dice Travaglio, si
vergogni: oggi si dice analista per lintelligence).
Un comunicato ufficiale dellOrdine dei giornalisti della
Lombardia del 24.6.2003 intitolato Giuliano Ferrara spia
della Cia: lazione disciplinare è ormai prescritta,
fa sapere a pochi che dopo aver esaminato gli articoli e la
cassetta della trasmissione televisiva LInfedele in
cui G. Ferrara rivelava e quindi ribadiva di aver svolto a metà
degli anni Ottanta attività di spia a pagamento per la
Cia, arriva alla conclusione che lattività
di spia pur non essendo deontologicamente compatibile, lordine
ha dovuto constatare che al momento della rivelazione erano
ampiamente decorsi i cinque anni oltre i quali interviene la
prescrizione. Che benedizione, in Italia la prescrizione:
se non ci fosse bisognerebbe inventarla.
A
parte il comunicato dellOrdine regionale della Lombardia,
tutto il resto del giornalismo italiano ha taciuto. Evidentemente
non sono più i tempi di Piazza Fontana, quando il Corriere
della Sera fu costretto a liquidare il povero Zicari che
faceva lanalista per conto dei servizi segreti
dei Giannettini e compagnia, che per quanto deviati
almeno erano italiani. Allora faceva indignare il saltare dalla
finestra. Oggi si mangiano le minestre che passa il convento. La
Storia italiana, che meraviglia. Che allora nessuno si
stupisse, mi indusse a stupirmi. E lo scrissi su lUnità.
Grave ingenuità, per chi ha letto quel romanzo di Eveling
Waugh, dove un personaggio dice allaltro: Ho saputo
che tua madre faceva la prostituta a Chelsea, e laltro
risponde compassato: Mio caro avrà avuto le sue
ragioni. Forse mi stupii più che per la sostanza,
per la forma (la sostanza in Italia è diventata un
optional: uno può anche essere un ladro, purché lo
sappia fare bene). Rievocando gli incontri con lindividuo
che gli passava i denari, quel giovane sveglio e
simpaticissimo agente americano lAnalista dice di sé
stesso: i dollari erano avvolti in uno busta giallina fantastica
del peso giusto, e perdere linnocenza era meraviglioso...
qualche conversazione avveniva al Pincio vicino alla fontana
luminosa... il passaggio di mano della busta aveva qualcosa di
erotico (Il Foglio 16.5.2003).
E
noi che avevamo tuttaltra idea dellerotismo: che
antiquati. È pur vero che il maschio italico, dicono, non
se la passa tanto bene. Ma non lo avevo mai visto così in
basso. Tinto Brass avrebbe potuto fargli causa per concorrenza
sleale. I francesi, polverizzati: quei francesi continuano a dire
cherchez la femme, che ingenui. Macché:
cherchez la buste.
Inaspettatamente
questo tipo di erotismo ebbe un certo successo tanto che il
Foglio dove esso veniva sbandierato è stato eletto il
giornale dei giornalisti, come ho letto recentemente: Il
Foglio è il giornale dei giornalisti perché è
intelligente, perché è fazioso, perché ce
nè sempre per qualcuno, è vitale, sanguigno,
si fonda sulla goliardia... sta sempre al limite
dellirresponsabilità pericolosa e contundente.
Passa
il tempo e Betta seguendo il proverbio, non si marita. Finché
un bel giorno, sempre sul giornale dei giornalisti,
lAnalista se ne esce con questa trovata: se mi
ammazzano ricordatevi che è su mandato linguistico di
Antonio Tabucchi e Furio Colombo, in concorso tra loro.
Ricordatelo per metterci una pezza. G. Ferrara, il Foglio 6
Ottobre 2003.
Chissà
cosa vorrà dire, nel complicato immaginario erotico di
Ferrara, laggettivo linguista. Però qui
è sicuramente associato a un'idea necrofila, a un cadavere
anticipato. E oltre tutto invita qualche sconosciuto a
metterci una pezza, in tempo.
Non
so se vi sareste allarmati anche voi, con tutta la brutta gente
che cè in giro in Italia. Io mi sono allarmato. E ho
aspettato che il direttore di un giornale perbene si allarmasse
quanto me e mi offrisse uno spazio di replica sul suo giornale
(che non può essere lUnità, visto che
il direttore di quel giornale è stato definito laltro
mandante linguistico). Nessuno si fa vivo. Decido di
replicare su uno stimato giornale francese dove scrivo da tempo.
Il giornalista che mi ha definito mandante linguistico
intercetta chissà come il mio articolo, lo scippa, se lo
traduce, e se lo pubblica sul suo giornale prima che esca il mio.
Non solo, lo fa scivolare nottetempo (alla fontana del Pincio?)
al Corriere della Sera che mi prepara una lavata di capo
puntuale sul mio articolo francese, che esce lo stesso giorno in
cui esce il mio articolo. Chi lo fa non può avere letto il
mio articolo, lo ha preso dietro la siepe da Ferrara. Non
contento di tutto ciò, lAnalista, comincia ad
agitarsi perché il giornale francese non gli concede
diritto di replica. Allestero lo censurano,
dice il poveretto. E in questa sua disperazione trova la
comprensione dei colleghi. Ad esempio di Paolo Mieli, che sul
Corriere della Sera, che poi è il giornale al quale
lo ha passato nottetempo lAnalista, dichiara che lultima
parola in questo caso lha scritta proprio Aldo Grasso. Il
quale Grasso è poi colui che ricevendo dietro la siepe
larticolo scippato da Giuliano Ferrara si è
incaricato di redarguirmi aspramente, prima che uscisse il mio
articolo, di aver osato risentirmi su un giornale straniero
contro linfamia di Giuliano Ferrara. Signori, se questa non
è magia. Se vi fosse capitato dato che è tornato
alla ribalta, di rileggere sui giornali le affermazioni che nel
1980 il venerabile maestro della Loggia P2 Licio Gelli pubblicò
sul Corriere della Sera (erano i tempi di Angelo Rizzoli e
Bruno Tassan Din) capirete come me che la modernizzazione avanza.
Stavo recentemente rileggendo Karl Kraus, che dedicò
almeno un paio di libri (Tramonto del mondo per magie nere del
1922 e gli Invisibili del 1928) su quel giornalismo
tedesco che ai suoi brutti tempi dette una mano a chi poi si
prese tutto il braccio. E cè una storiella che vi
racconto per inciso, quella del tizio che per professione faceva
il delatore e che a un certo punto, preso da gelosia per quelli
che denunciava, visto che lui non lo denunciava nessuno, si
denunciò da solo. E tutti i giornalisti dissero: geniale.
E a scanso di equivoci presero a insultare quelli che lui aveva
denunciato. Ma chiudiamo linciso e ritorniamo in argomento.
Altra logica da Franco e Ciccio è che tu scrivi su un
grande giornale francese e ti chiamano provinciale
(Merlo). Poi scalpitano se non riescono a scriverci loro. Chiedo:
ma che gliene frega della provincia, a chi sta nel centro del
mondo? E poi si sa come sono allestero. Per aprirti a un
loro giornale devi averti conquistato un po di stima, che
so, avere pubblicato alcuni libri nella loro lingua, aver
insegnato nelle loro università, magari sempre nella loro
lingua (mandati linguistici di diversa natura). Perché i
francesi ci tengono al dialetto francese, per non parlare degli
spagnoli, che ci tengono al dialetto spagnolo, e degli inglesi,
che ci tengono al dialetto inglese: più della Lega con il
Padano. In provincia sono chiusi, mica come da noi: uno arriva
convinto di avere tanto potere, e quei provinciali lo trattano
come in Italia sono trattati gli extracomunitari.
Però
dispiace sentirli lamentare così, questi nostri
connazionali che chiedono il diritto di replica. Se non glielo
danno glielo diamo noi. Magari accettando la proposta di alcuni
editori (e non solo francesi, così allarghiamo la
provincia), che si sono incuriositi, e che desiderano dedicare al
caso un libricino. Che poi non è neppure
troppo difficile da fare: basta tradurre tutti gli articoli, a
partire da quello che incrimina me e Furio Colombo e sistemarli
uno dietro laltro, in ordine cronologico. In fila. In fila
per sei col resto di due, come i quarantaquattro gatti della
canzoncina. E soprattutto senza commento, con delle essenziali
note biografiche di tutti gli autori dellarticolo. Seguendo
il saggio insegnamento che Ortega y Gassett dette a un suo
discepolo che non sapeva come replicare a un polemista
eccessivamente intemperante: Si limiti a citarlo, si
replicherà da solo.
Antonio
Tabucchi L'UNITA' 25/10/2003
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