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Antonio Tabucchi

Caso Armeni, un segno dei tempi

Dati gli eventi tragici di questi giorni, solo oggi, 8 marzo, chiedo il diritto di replica a un “articolo” apparso su il manifesto del 3 marzo u.s. intitolato Sineddoche che mi riguarda. Ai lettori potrà sembrare strano che ricorra a un diritto della stampa chi, come me, non solo ha ripetutamente scritto su questo giornale ma lo ha anche sostenuto più di una volta. Mi ci induce la natura di quell'articolo: un pezzo anonimo non significa una persona, significa un giornale. Per questo non lo chiedo per favore. La “Sineddoche” (devo chiamarla così) mi accusa con modi poco benevoli di aver fatto dell'ironia fuori luogo su una donna, l'attuale collaboratrice di Giuliano Ferrara, signora Armeni, presentata come esponente di una minoranza oppressa: le donne. Con un disinvolto uso del politically correct, l'autore/autrice della “Sineddoche” elude il vero problema, che non riguarda nessuna condizione femminile ma è unicamente e squisitamente politico. Fra l'altro la signora Armeni non mi pare affatto una “minoranza”: se una minoranza c'è, in quanto scrittore quella sono io. Con la mia penna, sempre da solo, sono stato di volta in volta la donna o il bambino offesi, lo zingaro, il negro, l'ebreo, il palestinese, il clandestino. E senza tessera, senza dottrina di partito, senza segreterie politiche, senza stipendi da parlamentare, senza “gettoni di presenza”. La minoranza sono io, la maggioranza sta in televisione. E l'anonimo autore/autrice dell'articolo de il manifesto pare non aver capito cos'è la televisione nell'Italia di oggi. Glielo dico: la televisione è il potere. Il potere è di chi sta dentro la televisione, siano essi squali o pesci in barile. Perché tutto è televisione. Berlusconi è la televisione. Forza Italia è la televisione. Il parlamento è la televisione. La politica è la televisione. Giuliano Ferrara è televisione. E chi lo accompagna, uomo o donna che sia, è televisione. Non si può stare contemporaneamente dalla parte di una giornalista che ha rischiato di essere assassinata in Iraq e una che tutte le sere sta in televisione con Giuliano Ferrara. Non è solo la mia ferma convinzione, è anche un principio della logica. Ma per alcuni, evidentemente, si può. È un segno dei tempi. Ho trovato penoso sentir dire che la signora Armeni sta nel programma di Ferrara a fare il “contraddittorio”. So per esperienza cosa spetta a chi fa davvero il contraddittorio a quel signore: viene definito “mandante linguistico” del suo eventuale assassinio, il giornale su cui si scrive è definito “criminale” o si viene addirittura querelati perché gli hai “rovinato la reputazione”. Loro fanno così: hanno i soldi e gli avvocati.

Del resto la signora Armeni ci pensa da sola a definire il suo cosiddetto “contradditorio”. La sua lettera sul Corriere del 6 marzo u.s. (Nella mia sinistra ho ritrovato la cultura dell'odio) dichiara eloquentemente: “Dopo 100 puntate di Otto e mezzo, molte di politica estera, la mia posizione contro la guerra si è rafforzata. Anche il mio affetto e la mia stima per Giuliano Ferrara che è su posizioni decisamente neocon. È possibile”. Certo: tutto è possibile. E in televisione ancora di tutto e di più, perfino che stando per cento sere accanto a Ferrara una giornalista di Rifondazione comunista impari a essere convintamente contro la guerra e contemporaneamente si affezioni a Ferrara, uno dei più accesi propagandisti delle guerre di Bush. Un altro segno dei tempi.

Una convinzione tutta questa vicenda mi rafforza: che una inesorabile e diffusa bi-camerale non solo politica ma anche antropologica è calata inesorabilmente sull'Italia (mi viene in mente Pasolini) e chi non si allinea al «comune sentire» è un eretico. Per quanto mi concerne, non ho mai amato ortodossie e allineamenti. E per fortuna si può essere italiani per nascita ma non per costumi.


Antonio Tabucchi – IL MANIFESTO – 10/03/2005




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