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FRANCIS TESSA - INTERVISTA


Francis Tessa o il calore umano. Di Salvatore Gucciardo

Antologia poetica

intervista

opere

FRANCIS TESSA - Intervista di Salvatore Gucciardo e Pierre Schroven


Come il vecchio studente seminarista che tu sei, ha vissuto il suo periodo operaio, in rapporto alla grande massa d’immigrati, privata praticamente di qualsiasi scolarità? Per quale fortunato caso tu sei entrato in contatto col mondo della poesia?


Il mio primo periodo in Belgio (ho lavorato come manovale in una fonderia) mi ha svelato la realtà della condizione operaia, ho scoperto il mondo del lavoro. Gli studi che avevo seguito in Italia erano come dimenticati. In cambio ho conosciuto la franchezza, il parlare vallone, la solidarietà operaia. Ero felice di frequentare questi uomini dalle parole grossolane e dalle mani callose. La poesia?


Francis Chenot, Renè Gerbault e Georges Linze hanno particolarmente segnato la vita. Quale è stato il loro apporto?


La poesia è venuta per caso con gli incontri, fortuiti, con Chenot, Linze, Gerbault.

Allora ho saputo che era possibile appassionarsi alla scrittura. Cominciavamo a fare un tratto di strada insieme. Era vivificante. Qualcosa di non detto in me si risvegliava. Io scrivevo.


Ad una certa epoca, il Groupe Vérites, ha collaborato con il Mouvement International Fantasmagie. Questo movimento artistico, animato da una rivista con lo stesso nome, ha segnato la storia della pittura in Belgio dagli anni 50, fino alla morte del suo fondatore Aubin Pasque nel 1982. Quali erano le tue relazioni con questo grande pittore di Liegi, che viveva a Bruxelles, a cui rendi un toccante omaggio, nella tua raccolta “Estuaire du silence”?


L’opera di Aubin Pasque rivelava una forza tranquilla, un mondo fuori del mondo. Noi ci siamo incontrati e abbiamo legato subito. Collaborato è forse una parola grande. L’amicizia era palpabile e chiara.


Tra te e la natura, esiste un dialogo intimo, una sorta di meditazione permanente. Si sente che vuoi sostituirti a lei. Il tuo estro è un miscuglio di lirismo e di misticismo. Come potresti definire questo stato d’animo alchemico?


Come scrivere senza legare una relazione con ciò che ci è vicino e concreto.

La poesia supera il concreto. Ma come dire l’indicibile? Arrischiarsi alle definizioni sarebbe pretenzioso, mi sembra.


Tu sei poeta, romanziere, traduttore, animatore, direttore della Maison de la Poesie d’Amay e delle Editions de l’Arbre a paroles… Dopo tutti questi anni dedicati alla poesia (la tua epopea comincia nel 1964 con la creazione, in compagnia di Francis Chenot, del gruppo Jeunesses poétiques d’Amay), che cosa fa ancora correre Francis Tessa oggi?

Tessa segue il suo primo impeto. Bisognava disporre di una sacra dose di ingenuità per mettere tutto ciò in piedi. Si vede crescere il proprio figlio e, alla fine, si fa molta fatica a padroneggiare quello che finisce per superarci.


Tu hai affermato un giorno: “La poesia è un affare d’orgoglio e d’umiltà”. Volevi forse insistere sui limiti della poesia di fronte alla vita in quello che ha di più selvaggio e autentico?


Ora credo che questo sia più un affare d’umiltà che d’orgoglio. Chi siamo noi per parlare di una verità che si sottrae incessantemente, sfuggente? La poesia non è altro che il compromesso, rapido nel mio caso, tra la vita e il sentire; tra una lingua che si padroneggia come si può e mai come si vorrebbe. E’ un po’ il combattimento con l’angelo assente.


Tra i poeti ai quali tu ti senti vicino ne citiamo due: Neruda e Ungaretti. Potresti dirci qualche parola?

Ungaretti: è sicuramente per il mio lato francofono, che ho scoperto le poesie di questo italo-parigino, i quale ha influenzato molto per la sua maniera di scrivere, breve, essenziale, profonda, umana, superbamente umana.

Neruda: la voce di un continente, una cascata torrenziale d’immagini forti, una vera cosmogonia, una dimensione umana traboccante. Il canto per eccellenza.

Il tuo romanzo “I ragazzi polenta” (che ha incontrato un gran successo di critica) fustigava con umorismo le conseguenze del regime fascista di Mussolini. Cosa t’ispira l’arrivo al potere di Berlusconi?

Ho vergogna per il mio paese per questi affaristi, che fanno a gara di promesse elettorali e di demagogia. Spero vivamente che le forze progressiste, dopo qualche manifestazione significativa, sapranno riunirsi e proporre delle vere alternative al potere del denaro, troppo messo sul pavese senza sapere bene dov’è l’interesse politico di un popolo.



Salvatore Gucciardo e Pierre Schroven, Intervista a Francis Tessa, Remue-Méninges n 26, invité Francis Tessa, pagg. 17 - 20


Traduzione di Enrica L. e Giulia M.



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