Tradimenti amorosi, veri o
immaginari, intrighi che dalle stanze dell'ambasciata polacca in
Uruguay si intrecciano con commerci d'armi e che portano in
Russia: non immaginate un film di spie alla James Bond, con
Krzysztof Zanussi il registro sarà tuttaltro. Il
regista polacco infatti piega la trama del suo nuovo film Persona
Non Grata ai dilemmi della Storia recente, su cosa è
rimasto degli ideali di Solidarnosc e sulle increspature
dell'amore. Con Zbigniew Zapasiewicz, Nikita Mikhalkov, Jerzy
Stuhr (attore e regista polacco che sarà premiato a
Venezia) e Remo Girone, coprodotta da Polonia, Russia e Italia
(l'Istituto Luce), la pellicola è in concorso alla mostra
di Venezia. Il regista, 66 anni, di famiglia di origini italiane,
vincitore del Leone d'oro a Venezia nel 1984 con L'anno del
sole quieto, parla in bellitaliano da Nova Siri, in
provincia di Matera, dov'è stato ospite del festival
pugliese-lucano-calabrese "Cinemadamare", mentre il 30
agosto transiterà da Città di Castello per il
"Festival delle nazioni" dedicato questanno alla
Polonia e che lunedì ha proiettato il filmato di Franco
Fracassi su Solidarnosc "Gli uomini che cambiarono il
mondo". Zanussi, cosa racconta "Persona Non
Grata"? È una storia d'amore, una
riflessione sulla vita e la tristezza di un uomo che ha
combattuto per una buona causa e vede che ha ottenuto un piccolo
frammento di quello a cui aspirava. Il protagonista è un
musicologo che era un attivista di Solidarnosc e del dissenso -
siamo a 25 anni dalla nascita del movimento - è un
diplomatico e fa i conti della vita, anche quella emotiva. La
moglie è morta e lui si chiede se lei lo tradì con
un amico comune, un diplomatico russo diventato viceministro (lo
interpreta Mikhalkov) che aveva segretamente sostenuto
Solidarnosc. Pensa che gli ideali del sindacato di Walesa
siano stati traditi? È rimasta un'amarezza in
bocca dopo che il movimento lanciò una visione ottimista
della società solidale. Però non è stato un
disastro, è stato ottenuto moltissimo, oggi c'è più
giustizia, più uguaglianza, i giovani hanno opportunità
che con il Socialismo reale non avevano, l'accesso agli studi è
più ampio, il numero degli studenti è triplicato,
tuttavia i difetti umani restano visibili. Il film racconta la
delusione che credo accompagni la vita di tutti gli idealisti.
Com'è la Polonia dopo il crollo del comunismo?
La Polonia è l'unico dei Paesi ex comunisti nel quale
l'oligarchia non ha grande peso. Crescono la piccola industria,
la piccola imprenditoria, la classe media ed è la nostra
salvezza: questo facilita l'esistenza di una stampa libera,
mentre negli altri paesi dell'ex blocco non si vede una crescita
così forte. Certo esistono sempre i contrasti, enormi,
visibili, ad esempio tra l'est povero e l'ovest molto più
ricco. Come vede il futuro ingresso del suo Paese
nell'Unione europea? Sono stato un grande sostenitore di
questo processo. L'Europa deve unirsi per sopravvivere, anche se
ci uniamo nel momento in cui all'Europa manca la fiducia in se
stessa, nell'unificazione, il che è pericoloso: con la
crescita delle grandi economie della Cina e dell'India i piccoli
egoismi e i nazionalismi possono emarginare il nostro continente.
È un momento critico e credo manchi una guida politica
lungimirante perché il popolo non si rende conto della
situazione mondiale, pensa di vivere bene senza sacrifici, invece
bisogna sacrificarsi molto per un futuro migliore. Oggi impera
l'ideologia del consumismo, che è un'ideologia avvelenata,
è un modello diffuso dalla televisione. Allo stesso tempo
suscita una reazione. Penso ai giovani che si riunirono a Tor
Vergata a Roma per la Giornata mondiale della gioventù nel
2000, ai ragazzi di Colonia: per ora è una minoranza, ma
ha grandi aspirazioni. Sono i giovani che possono salvare
l'Europa dagli egoismi e dal consumismo. Non sono solo i
ragazzi cristiani, però, ad avere ideali, a cercare
modelli di vita diversi da quello consumistico. Può
darsi che saranno i ragazzi cristiani a salvarci o non solo loro:
vedremo chi sarà in grado di influenzare l'opinione
pubblica e proporre un altro modello di vita. In Italia
vengono tanti polacchi a cercar lavoro, molte badanti ad esempio
aiutano le nostre case lasciando a casa forti affetti familiari.
Ma nel nostro Paese parecchie persone non sopportano questa
immigrazione. Trovo il fenomeno molto positivo, somiglia
all'Italia nel dopoguerra quando voi emigravate in Germania,
Belgio, Svizzera. E a chi si oppone agli immigrati direi che voi
non siete in grado di fare tutti i lavori perché, come in
Francia e in Germania, manca la mano d'opera che li vuole fare.
Penso anzi che nell''Unione europea la libertà di
spostarsi per lavoro deve essere accelerata perché serve a
tutti i Paesi, non solo a noi. Lei è cattolico,
nell'81 uscì il suo film "Da un paese lontano"
su papa Wojtyla. Come valuta il nuovo pontefice Ratzinger? Non
esprimo un giudizio particolare. Spero che il suo sia un
pontificato di continuità e di apertura al mondo moderno e
ai giovani come lo è stato quello del papa precedente.
Lei parla di apertura, però su una questione
essenziale come l'uso del preservativo che può salvare
dall'Aids, pensiamo allAfrica e allAmerica latina,
Wojtiyla era contrario. Non entro in questa materia, non
si può prendere un aspetto pratico e secondario e
giudicare. Wojtyla aveva scritto un libro sulla sessualità
di grande apertura, un'apertura che forse si può
ricondurre a Tommaso d'Aquino, uno degli ultimi pensatori a
valutare il lato fisico dell'amore. E sull'omosessualità?
L'atteggiamento di Ratzinger non è di apertura,
tutt'altro. Non ho trovato un testo preciso nel senso che
dice lei, dobbiamo essere cauti, si lanciano facilmente slogan
per dare giudizi superficiali quando, invece, siamo in un'epoca
in cui la pedofilia è quasi approvata nella società
permissiva. Non so cosa abbia detto precisamente Ratzinger, ma
penso che questi argomenti fuori contesto non abbiamo senso. E
non credo che la sua teologia del corpo sia tanto diversa da
quella lanciata dal Concilio Vaticano Secondo, concluso nel '65,
dove l'omosessualità è riconosciuta come problema
ma con rispetto. Cristianesimo e islam: più di
prima, dopo l'attentato di Londra c'è chi sbandiera lo
scontro tra civiltà. Praticamente c'è, lo
sentiamo dagli imam che prendono parole belliche dal Corano.
Veramente molti imam si sono pronunciati contro la
violenza. Certo, sì. È come il cristianesimo
che in passato aveva la sua parte bellica. Ma più del
terrorismo a me interessa il misticismo islamico, quello sufi,
che è profondo. Sfortunatamente non si pronuncia in modo
sufficientemente forte: o forse dovremmo cercare noi di più
i mistici sufi e chi rappresenta una spiritualità più
ragionata.
Intervista di Stefano Milani
LUNITA 24/08/2005
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