Nellodiato
mondo dei figli di è un bel risultato essere
considerato il degno erede, il più virtuoso,
il più versatile della famiglia Marley. Vista anche la
concorrenza: Ziggy, il famoso primogenito, e Stephen. Damian,
best seller con lultimo disco Welcome to jamrock, è
il piccolo della cucciolata della leggenda, nato nel 1978 in
Giamaica, a Kingstone, tre anni prima della morte del padre. È
uno cresciuto nella bambagia (è figlio di una affermata e
splendida modella), ma con la consapevolezza di cosa sia il
ghetto. Lui (in concerto venerdì a Nonantola e sabato a
Roma), è lerede spirituale, ma anche quello che è
riuscito a creare una musica ancor più meticcia di quella
del padre, dove il reggae delle radici è solo uno degli
ingredienti. Damian fa ballare con la dancehall, fa pensare con
le sue ballate, fa discutere con lhip hop. Ha le dread
lunghissime raccolte nel cappellone, è rasta, e non ha un
solo esempio in testa: La mia fonte di ispirazione?
Tanti. Un esempio? Ho ascoltato tantissimo Ray Charles, Nat King
Cole, Ella Fitzgerald, ma anche Shabba Ranks, Supercaptain,
naturalmente Bob Marley, così come la musica hip hop.
Insomma, è una combinazione di diverse influenze a farti
come sei. Il tuo primo disco si intitolava
Halfway tree, un albero a metà strada.
Quali sono le due strade che hai percorso? Sono stato
esposto ad entrambi i lati del mondo. Sono cresciuto in un luogo
molto privilegiato, non ho sofferto da bambino, ho goduto di una
buona educazione. Ma allo stesso tempo sono cresciuto sapendo
cosa fosse il ghetto, sapendo che le mie, le nostre radici sono
lì, dove ancora vive la maggior parte dei miei amici. Tuo
padre anni fa cantava Rebel music. Oggi ti
senti di definire la tua musica come rivoluzionaria? Sì.
Non ogni pezzo, ma la maggior parte senza dubbio. Canzoni come
Welcome to jamrock o Grow to Zion, lo sono. Poi ci
sono bellissime canzoni che sono semplicemente damore.
Credo che la musica possa influenzare la gente, il suo stile di
vita, i suoi sentimenti. Soprattutto nelle nuove generazioni, i
teenager. Difatti insegna anche cose pessime, come tanto
hip hop di oggi
Sì, ma dipende da che lato
guardi la cosa. Perché è comunque importante per i
giovani del ghetto avere almeno unambizione e lavorare per
realizzarla: non vedo nulla di male in un ragazzo che ambisce a
diventare come il suo idolo rap, almeno si tiene lontano dalla
strada. I beni materiali non sono tutto, ma non cè
niente di sbagliato a possederli. E poi dipende da cosa tu stesso
riesci a capire dalla lezione che ti dà la musica. Quando
ascolti una canzone che ti piace, ti serve per entrare nel mondo
di oggi. Se ascolti le cose che racconto io nella musica, scopri
cosa sta succedendo nelle strade. È vero che tante cose
sono cambiate in Giamaica e nella musica. Trentanni fa da
noi la gente che faceva musica era tutta gente di grande fede.
Rasta, gente consapevole del movimento africano, della nostra
cultura. Oggi la gente non conosce il suo passato e questo si
riflette nella musica. È ancora necessario oggi
cercare le proprie origini africane? Sì, anche se
ci hanno pensato tanti musicisti negli anni Settanta compreso mio
padre. E gliene sono grato. Sono stato in Africa un paio di volte
e ogni volta è stato speciale. Una volta in Etiopia e una
volta in Ghana. La gente era contenta, mi stava accanto, abbiamo
fatto dei concerti immensi pieni di gioia. Senti pressione
per leredità paterna? Pressione no. Sento una
luce. Sento una spinta, sento la positività, non la parte
negativa. Capisci? Mio padre era un rasta, così come io
sono un rasta. Noi abbiamo la stessa missione. I Marley devono
continuare questa missione. La filosofia rasta è
controversa: si parla di poco rispetto per le donne, per gli
omosessuali
Io sono un rasta e se ascolti la mia
musica capisci quanto rispetti le donne e chiunque mi stia
attorno. Per noi le donne sono considerate regine. La donna è
parte fondante della nostra vita. È la prima
insegnante. Mi spieghi in due parole il segreto del
reggae? Alla base della musica reggae cè la
necessità di sopravvivere, e poi quella di cercare e
diffondere amore. Questi sono i due istinti primari di ogni
essere umano nel mondo. Per questo la musica reggae ha ancora
tanta presa ovunque. Per questo non morirà mai.
Intervista di Silvia
Boschero L'UNITA' - 21/03/2006
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